Diritto della Famiglia:

 

Generale

- I vari gradi di parentela ed i relativi criteri di calcolo  

Regime Patrimoniale

- Appunti in tema di Regime patrimoniale dei coniugi

- Art. 178 c.c. e la Comunione de residuo

- L'oggetto della Comunione legale

- Acquisti con denaro personale ed esclusione dell'acquisto dalla comunione legale

Separazione e Divorzio

-   La Separazione e l’affido condiviso alla luce della recente giurisprudenza

 

GIURISPRUDENZA IN TEMA DI DIRITTO DI FAMIGLIA – REGIME PATRIMONIALE TRA CONIUGI

22- Abitazione su suolo di un coniuge con denaro anche dell'altro

Cassazione, sez. II, 9 dicembre 2010, n. 24921
Comunione legale - Costruzione realizzata su fondo di
proprietà di uno dei coniugi - Denaro erogato dal coniuge
non proprietario - Ripetizione delle somme spese ex art.
2033 c.c.
Nell’ipotesi in cui la costruzione di un immobile sia stata
realizzata su un suolo di proprietà esclusiva di uno dei
coniugi in regime di comunione dei beni, al coniuge non
proprietario che abbia contribuito all’onere della costruzione,
spetta, ai sensi dell’art. 2033 c.c., il diritto di ripetere
nei confronti dell’altro coniuge le somme spese,
stante la natura meramente obbligatoria dei suoi diritti.

21- Legge 151 del 1975 e riflessi

Cassazione, sentenza 9 giugno 2011, n. 12693, sez. III civile
Famiglia - Matrimonio - Rapporti patrimoniali tra coniugi - Disciplina transitoria - Famiglia - Rapporti patrimoniali tra coniugi - Disciplina transitoria - Estensione della comunione legale per i beni acquistati separatamente - Condizioni - Esercizio del diritto di prelazione agraria - Citazione in giudizio del coniuge dell'acquirente - Necessità - Sussistenza - Limiti - Fondamento.

Per la famiglia già costituita alla data di entrata in vigore della legge 19 maggio 1975, n. 151, la comunione legale, in assenza della dichiarazione di dissenso di cui all'art. 228, primo comma, della legge, decorre dal 16 gennaio 1978 ed interessa i beni acquistati dai coniugi separatamente nel primo biennio di applicazione della legge stessa solo se ancora esistenti nel patrimonio del coniuge che li ha acquistati; conseguentemente, il titolare del diritto di prelazione agraria che, dopo avere esercitato il riscatto del fondo venduto senza la prescritta "denuntiatio", intenda chiedere l'accertamento giudiziale del suo diritto, non deve agire anche contro il coniuge dell'acquirente del fondo qualora la vendita sia stata stipulata in detto biennio successivo alla data di entrata in vigore della legge n. 151 del 1975 e la dichiarazione di riscatto sia stata comunicata nello stesso periodo, atteso che, in tale ipotesi, il fondo non è mai entrato in comunione dei coniugi.

20- Acquisto con denaro personale e comunione tacita familiare

Cass. 25158/10
Famiglia - Matrimonio - Rapporti patrimoniali tra coniugi - Impresa familiare - Comunione tacita familiare - Comunione tacita familiare - Acquisto di un bene immobile da parte di uno dei partecipanti - Presunzione di acquisto con denaro proveniente dall'attività comune - Esclusione - Conseguenze in tema di onere della prova.

Ove il partecipante ad una comunione tacita familiare, di cui all'abrogato art. 2140 cod. civ., acquisti in nome proprio un immobile, non è consentito presumere che il denaro utilizzato per l'acquisto provenga dagli utili dell'attività economica comune, attesa la compatibilità del fondo comune costituito da detti utili con un patrimonio personale dei partecipanti; ne consegue che colui il quale alleghi che l'acquisto è stato compiuto con 
denaro proveniente dal fondo comune ha l'onere di darne la prova.

19- Comunione e TITOLI DI CREDITO
Cassazione, sez. I, 23 luglio 2010, n. 17348
Acquisto di titoli di credito in regime di comunione legale
- Art. 184, terzo comma, c.c. - Disciplina generale della
comproprietà - Compatibilità tra normative
Anche se gli atti di disposizione di titoli di credito che ricadono
nella comunione legale tra coniugi risultano, ai
sensi dell’art. 184 c.c., comma 3, validi ed efficaci quantunque
effettuati da uno soltanto dei coniugi, tuttavia, la
norma non apporta deroghe alla disciplina generale della
comproprietà (art. 1103 c.c.) che è destinata a disciplinare
la fattispecie nel caso di acquisto comune, vigendo
per tale ipotesi la regola generale in tema di comunione,
secondo la quale ciascuno può disporre del bene comune
non più che per la sua parte (art. 1108 c.c.), ancorché
indivisa e l’altra, secondo la quale nessuno può disporre
di diritti altrui se non in forza di un titolo abilitativo
(mandato, procura) proveniente dal titolare.

18- Dichiarazione del coniuge ex 179

Cassazione, sez. I, 14 giugno 2010, n. 14226
Acquisto compiuto in regime di comunione legale - Dichiarazione
del coniuge non acquirente - Natura del bene
personale - Natura giuridica della dichiarazione ex art.
179, secondo comma, c.c.
Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il
matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione
legale, la dichiarazione resa nell’atto dall’altro coniuge
non acquirente, ai sensi dell’art. 179, comma 2, c.c., in
ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente
a seconda che tale natura dipenda dall’acquisto
dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali
del coniuge acquirente o dalla destinazione del
bene all’uso personale o all’esercizio della professione di
quest’ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva
e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti,
ed esprimendo nel secondo la mera condivisione
dell’intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l’azione
di accertamento negativo della natura personale
del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della
confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è
ammessa dall’art. 2732 c.c., e nel secondo la verifica dell’effettiva
destinazione del bene, indipendentemente da
ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato.

Cassazione, sez. I, 4 agosto 2010, n. 18114
Dichiarazione ex art. 179, secondo comma c.c. - Condizione
per l’esclusione dalla comunione legale - Concorde
riconoscimento della natura personale del bene da parte
di entrambi i coniugi - Inesistenza dei presupposti ex art.
179 c.c. - Azione di accertamento negativo
Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il
matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione
legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non
acquirente, prevista dall’art. 179 c.c., comma 2, si pone
come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione
del bene dalla comunione: occorrendo, a tal fine,
non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi
della natura personale del bene - richiesto esclusivamente
in funzione della necessaria documentazione di
tale natura - ma anche l’effettiva sussistenza di una delle
cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate
dall’art. 179 c.c., comma 1, lett. c), d) ed f). Con la
conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti
può essere fatta valere con una successiva azione
di accertamento negativo, non risultando precluso tale
accertamento dalla circostanza che il coniuge non acquirente
sia intervenuto nel contratto per aderirvi.

Cassazione, sez. II, 5 maggio 2010, n. 10855 - Pres. Elefante - Est. Elefante - P.M. Russo - B.M.G.
c. M.M.
In tema di regime della comunione legale fra i coniugi, la dichiarazione di cui è onerato il coniuge acquirente,
ai sensi dell’art. 179, primo comma, lett. f), c.c., al fine di conseguire l’esclusione, dalla comunione, dei beni
acquistati con il trasferimento di beni strettamente personali o con il loro scambio, è necessaria solo quando
possano sorgere dubbi circa la natura personale del bene impiegato per l’acquisto (ivi compreso il denaro); ne
consegue che, in caso di acquisto di un bene mediante l’impiego di altro bene di cui sia certa l’appartenenza
esclusiva al coniuge acquirente prima del matrimonio, l’acquisto dovrà ritenersi escluso dalla comunione legale
senza che sia necessario rendere la menzionata dichiarazione.

 

17- Comunione legale e Preliminare

Cassazione, sez. II, 11 giugno 2010, n. 14093
Comunione legale - Amministrazione - Atti compiuti senza
il necessario consenso - Annullabilità - Differenze dalla
comunione ordinaria - Preliminare di vendita di un immobile
- Mancanza del consenso dell’altro coniuge - Annullabilità
ai sensi dell’art. 184 c.c. - Criteri
La comunione legale dei beni tra i coniugi, a differenza di
quella ordinaria, è una comunione senza quote, nella
quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto
avente per oggetto i beni di essa e rispetto alla quale
non è ammessa la partecipazione di estranei. Nei rapporti
con i terzi ciascun coniuge, mentre non ha diritto di
disporre della propria quota, può tuttavia disporre dell’intero
bene comune, ponendosi il consenso dell’altro
coniuge (richiesto dal comma 2 dell’art. 180 c.c. per gli
atti di straordinaria amministrazione) come un negozio
unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio
del potere dispositivo sul bene; ne consegue che il
contratto preliminare di vendita di un immobile stipulato
da un coniuge senza la partecipazione e il consenso
dell’altro è efficace nei confronti della comunione legale,
ma annullabile, ai sensi dell’art. 184 c.c., nel termine di
un anno decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla
data di trascrizione.

16- Beni in comunione de residuo


* Cassazione, sentenza 29 novembre 2010, n. 42182, sez. III penale

Regime patrimoniale dei coniugi – Beni destinati all’esercizio dell’impresa – Confisca dei beni – Scioglimento della comunione legale – Comunione “de residuo”.

Finché un bene immobile continua ad essere utilizzato nell’esercizio dell’impresa, restando nella effettiva disponibilità esclusiva del coniuge imprenditore, non vengono meno le funzioni proprie dell’istituto della comunione “de residuo”, di assicurare la piena libertà dell’imprenditore nelle sue scelte di politica aziendale e di garantire i creditori che abbiano fatto affidamento sulla consistenza della compagine dell’impresa, consentendo a questi ultimi di soddisfare le proprie pretese mediante l’aggressione di tutti i beni che ne fanno parte.

Lo scioglimento della comunione de residuo ex art. 178 c.c. implica, quindi, necessariamente che il bene che residui al momento della richiesta di scioglimento non faccia più parte dei beni strumentali all’esercizio dell’impresa e non venga più utilizzato a tale scopo, venendo altrimenti violata, mediante una cessazione fittizia o meramente formale della comunione, la ratio dell’istituto.

Massime precedenti Vedi: n. 7060 del 2004.

15- Fondo patrimoniale e ipoteca

Cass. Civ., Sez. I, n. 13622 del 4 giugno 2010.
Il terzo creditore può iscrivere ipoteca sui beni del fondo patrimoniale solo qualora sia inadempiuta un’obbligazione assunta per esigenze familiari
In materia di fondo patrimoniale, ai sensi del combinato disposto degli artt.169 e 170 cod. civ. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto di iscrizione di ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell'atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 cod. civ.; tuttavia, quando i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell'interesse della famiglia, in questo caso, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere ad esecuzione sui beni e iscrivere ipoteca in base a titolo esecutivo proprio perché le obbligazioni erano state contratte per le esigenze familiari, ed in detta ipotesi la funzione di garanzia per il creditore che i beni del fondo vengono ad assumere a seguito della iscrizione dell'ipoteca (preordinata all'esecuzione) risulta sempre correlata al soddisfacimento (già avvenuto) delle esigenze familiari.
Commento: 
Dalla validità ed efficacia dell'atto costitutivo del fondo patrimoniale (che non sia neppure aggredibile sotto il profilo dell'esperimento dell'azione revocatoria) non può non discendere comunque la sottoponibilità dei beni nel fondo ad eventuali gravami volti ad assicurare il soddisfacimento di passività contratte per il mantenimento della famiglia, funzione che la costituzione del fondo è per l'appunto intesa a perseguire.

14- Accessione e Comunione legale

* Cassazione, sentenza 30 settembre 2010, n. 20508, sez. I civile
Famiglia - Matrimonio - Rapporti patrimoniali tra coniugi - Comunione legale - Oggetto - In genere - Costruzione realizzata su un suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi - Comunione legale della costruzione - Esclusione - Diritti del coniuge non proprietario - Natura.

La costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale sul terreno di proprietà esclusiva di uno dei coniugi è di proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione. L’altro coniuge, che pretenda di ripetere le somme spese, è onerato della prova d’aver conferito il proprio apporto economico per la realizzazione della costruzione attingendo a risorse patrimoniali personali o comuni; di contro il coniuge proprietario non è tenuto a dimostrare d’aver impiegato denaro personale né personalissimo.
(Nel caso di specie la S.C. ha stabilito che il "sostegno morale" fornito alla famiglia da un coniuge durante la costruzione di una casa sul suolo di proprietà esclusiva dell’altro coniuge non basta per fargli acquisire la comproprietà: a questi è comunque riconosciuto il diritto di ripetere nei confronti dell'altro quanto eventualmente speso per la costruzione).
Massime precedenti: n. 4076 del 1998, n. 8585 del 1999, n. 716 del 2004, n. 7060 del 2004, n. 8662 del 2008.

13 - Cass. n. 4757/2010 - SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE LEGALE


Comunione legale - Scioglimento ex nunc - Passaggio in
giudicato della sentenza di separazione o omologa degli
accordi di separazione consensuale
Lo scioglimento della comunione legale dei beni tra coniugi
si verifica ex nunc con il passaggio in giudicato della
sentenza di separazione o con l’omologa degli accordi
di separazione consensuale. Pertanto, la domanda di
scioglimento della comunione legale può essere proposta
anche in pendenza della causa di separazione tra i
coniugi, ma la pronuncia di merito acquisterà efficacia
solo se interviene dopo il passaggio in giudicato della
decisione sulla separazione.

11/12- Cass. 10855/10: sugli acquisti ex art. 179

CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza 5 maggio 2010, n. 10855, sez. II civile

Regime patrimoniale della famiglia - Comunione legale - Natura personale dei beni - Appartenenza ad uno solo dei coniugi prima del matrimonio - Dichiarazione ex art. 179, lett. f), c.c. - Successioni - Divisione beni ereditari - Natura dei beni relitti.

Nel caso di acquisto di un bene, vigente il regime di comunione legale dei beni tra i coniugi, mediante l'impiego di altro bene, di cui era certa l'appartenenza al coniuge prima del matrimonio, l'acquisto dovrà ritenersi escluso dalla comunione legale e di natura personale al solo coniuge acquirente, senza che sia necessario rendere la dichiarazione di cui all'art. 179, lett. f), c.c. (Nel caso di specie - che ha ad oggetto la divisione di beni ereditari - i titoli acquistati con il denaro di cui il de cuius era titolare esclusivo prima del matrimonio, non sono fatti rientrare nella comunione legale dei beni ex art. 177, lett. a), c.c., poiché l'obiettiva certezza della natura personale del denaro utilizzato per l'acquisto (certezza ricavabile dalla titolarità pregressa rispetto alla data del matrimonio), comportando l'esclusione dell'acquisto così effettuato dalla comunione e la sua conseguente qualificazione come acquisto personale ex art. 179, lett. f), c.c.). 

Svolgimento del processo
M. G. B., sposata in seconde nozze con M. M., deceduto l’omissis, ha agito nei confronti di Ma. e S. M., figli di primo letto del defunto, al fine di ottenere il 50% dei titoli e denari depositati dal de cuius in conti e dossier presso il Sanpaolo IMI e Banca Brignone s.p.a. (poi Banca Popolare di Bergamo - Credito Varesino). L’adito Tribunale di Torino, pur affermando l’esistenza del regime patrimoniale di comunione legale tra i coniugi B. e M., ha ritenuto applicabile, nel caso specifico, l’art. 179 lett. f) c.c., e raggiunta la prova della proprietà esclusiva dei titoli e del denaro in capo al de cuius, con trasmissione a favore dei convenuti. Conseguentemente ha rigettato la domanda della B.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 216 del 30.09.2005 / 14.02.2006, ha confermato tale decisione osservando che, in base a risultanze documentali, M. M. nel omissis, prima del matrimonio con la B., aveva la disponibilità esclusiva (beni personali) di ingenti valori mobiliari, prevalentemente investiti in titoli e depositi amministrati presso diversi istituti bancari, in parte anche in denaro, per un importo complessivo di oltre L. 2.000.000.000. Anche dopo il matrimonio con la B., il M. aveva movimentato tale patrimonio mobiliare che, all’atto del decesso, risultava sostanzialmente corrispondente - con un incremento giustificabile, per la sua entità, con i frutti degli investimenti piuttosto che da aggiunte di ulteriori capitali - a quello esistente all’epoca del matrimonio.
Pertanto la Corte torinese ha concluso ritenendo pienamente raggiunta, in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, fondate sugli elementi documentali esaminati, la prova dell’esistenza di beni personali in capo a M. M., preesistenti al matrimonio e rimasti tali fino al decesso del titolare perché consistenti in valori mobiliari gestiti separatamente e reinvestiti in modo da perseguirne l’incremento con i loro stessi proventi o attraverso il loro smobilizzo, con piena consapevolezza da parte dell’altro coniuge, ex art. 179 lett. f) c.c., ed esclusione di tali valori mobiliari dalla comunione legale.
La Corte d’appello ha poi ritenuto inammissibile la domanda di Ma. e S. M. volta ad ottenere la loro quota ereditaria sul patrimonio mobiliare morendo dismesso dalla madre V. S., perché fondata su un titolo completamente diverso da quello azionato dalla B..
Avverso tale sentenza M. G. B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Ma. e S. M. hanno resistito con controricorso, svolgendo altresì un motivo di ricorso incidentale.
La San Paolo IMI e la Banca Popolare di Bergamo non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione
Il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti perché relativi ad impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza (art.335 c.p.c.).
1. Col primo motivo la ricorrente principale B. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 159, 160, 162, 177 lett. a), 179 lett. a) e f), 195 c.c., nonché dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e degli artt. 112, 113, 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Assume che la Corte d’appello, una volta accertata l’esistenza del regime di comunione legale, avrebbe dovuto ritenere chiusa “in limine” la controversia, posto che le denunce di successione indicavano danaro e acquisto di titoli compiuti in costanza di matrimonio. Pertanto, secondo la ricorrente, gli eredi M. non erano legittimati a sostenere che il danaro, impiegato per gli acquisti compiuti in costanza di matrimonio, fosse bene personale del de cuius escluso dalla comunione legale ai sensi dell’art. 179 lett. a) e f) c.c.
La ricorrente contesta poi l’applicabilità dell’art. 179 lett. a) al caso de quo, non potendosi qualificare il danaro come bene personale.
Inoltre, sostiene la ricorrente, la Corte d’appello, nel ritenere che la “espressa dichiarazione” di cui all’art. 179 lett. f) c.c. può essere sostituita dalla conoscenza o conoscibilità da parte dell’altro coniuge della provenienza del danaro per l’acquisto del bene, avrebbe non correttamente inteso tale principio giurisprudenziale (affermato da Cass. 18.08.1994, n. 7437), il quale sarebbe valido solo nei rapporti tra coniugi e nel caso di obiettiva certezza che l’acquisto (o reinvestimento) sia frutto di beni (o danari) personali, ma non anche nei rapporti con i terzi, tra i quali rientrerebbero anche gli eredi del de cuius.
La ricorrente conclude il motivo ponendo il seguente (multiplo) quesito di diritto:
- “se, in regime di comunione legale, l’erede del coniuge, che ha formalmente compiuto gli acquisti in costanza di matrimonio, sia legittimato a sostenere, contro l’altro coniuge, l’esclusione dalla comunione legale, sulla base dell’assunto della appartenenza al de cuius del danaro utilizzato per gli acquisti, pur in mancanza della tempestiva “espressa dichiarazione” circa tale appartenenza, secondo la prescrizione dell’art. 179 lettera f) c.c.”.
- “se, nella comunione legale, il danaro possa ritenersi “bene personale” ai sensi dell’art. 179 lettera a) c.c.”.
- “se, nella comunione legale, la “espressa dichiarazione” nei termini prescritti dall’art. 179 lettera f), debba sussistere, in ogni caso, debba essere tempestiva, debba essere formulata per iscritto, e debba essere specifica”.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2711, 2712, 2719, 2697, 2727, 2729 c.c. e artt. 112, 113, 115, 118 e 210 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., la ricorrente censura l’impugnata sentenza in merito all’accertamento dell’esclusione dalla comunione legale del patrimonio mobiliare - danaro e titoli - ritenendone l’appartenenza esclusiva al de cuius, in base a copie fotostatiche di fogli stampati qualificati “prova documentale”, assunta, poi, a fonte della prova per presunzioni, senza tener conto delle contestazioni mosse alla documentazione prodotta dai fratelli M..
Assume poi la ricorrente che la Corte d’appello, allorché d’ufficio ha proceduto all’accertamento “dell’esistenza di beni personali, consistenti in titoli e danaro, appartenenti a M. M. - non importa se per averli ricevuti in eredità dalla prima moglie o per altro motivo - già prima del matrimonio con B. M. G.”, avrebbe operato un mutamento del tema d’indagine, incorrendo nel vizio di ultrapetizione.
A conclusione del motivo formula i seguenti quesiti di diritto:
- “se sia giuridicamente corretto che il Giudice qualifichi “prova documentale” copie fotostatiche di fogli stampati, prodotti da una parte, ed assunti come copie fotostatiche di originali provenienti da terzi (nella fattispecie: banche), in presenza della contestazione della controparte sia in ordine alla conformità agli originali, non conosciuti, sia in ordine al contenuto, trattandosi di copie di originali assunti come provenienti da terzi, non partecipi del giudizio”.
- “se, in una controversia sulla comunione legale, discutendosi tra le parti sull’applicazione o meno dell’art. 179 lettera f) c.c., il Giudice possa di ufficio fissare il tema di indagine sull’esistenza di beni personali, prima del matrimonio, quando la parte, che nega la comunione, svolge un assunto diverso, peraltro non condiviso,e quando l’altra parte, che ha promosso il giudizio, sulla base delle denuncie di successione di entrambe le parti, identiche nel contenuto, sostiene l’esistenza della comunione legale, trattandosi di acquisti compiuti durante il matrimonio”.
3. Col terzo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c. e artt. 112, 113, 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., la ricorrente sostiene che la ricostruzione del patrimonio mobiliare del de cuius, prima del matrimonio con essa B. e al momento del decesso di M. M., sulla base dei documenti prodotti da controparte, sarebbe arbitraria, in quanto la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto di alcuni documenti (in particolare il documento n. 26, relativo alla denuncia di successione, che non menziona alcun bene mobile), mentre avrebbe considerato altri documenti (rilasciati dalle Banche) che erano delle semplici fotocopie di pagine, alcune senza intestazione, tutte non sottoscritte, riportanti la situazione dei titoli, loro acquisto, deposito, movimentazione e valore. In conclusione, secondo la ricorrente, l’impugnata sentenza sarebbe affetta da vizi logici per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la valutazione dei documenti, volta a dimostrare (fatto controverso) la corrispondenza del valore del patrimonio mobiliare - denaro e titoli - caduto in successione, ritenuto nella disponibilità del de cuius prima del matrimonio con la B. e al momento del decesso. Inoltre, una volta venuto meno la “prova documentale” per i vizi logici denunciati, sarebbe venuta meno la prova per presunzioni, che su tali elementi documentali si fondava.
I) Con unico motivo i ricorrenti incidentali Ma. e S. M., denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto e omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., si dolgono che la Corte d’appello abbia dichiarato inammissibile la loro domanda diretta ad accertare la titolarità in capo ad essi ricorrenti di parte del patrimonio mobiliare risultante all’atto della successione del padre, una volta provata la consistenza del patrimonio personale della madre V. S., moglie di primo letto di M. M., e del confluire di tale patrimonio, a seguito della vendita degli immobili effettuata dal M. che ne aveva al disponibilità, sul conto corrente e sui conti titoli del de cuius.
Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. chiedono “se sia legittima la domanda degli eredi diretta ad accertare e disporre il diritto al riconoscimento di crediti già vantati verso il de cuius sulla massa ereditaria, valutati dal Tribunale come documentalmente provati, da prededurre prima della successiva divisione ereditaria”.
A.1) Il primo motivo del ricorso principale è infondato sotto tutti i profili.
A.2) Innanzitutto è proprio il combinato disposto degli artt. 177 e 179 c.c. che consente, in regime di comunione legale fra coniugi, di poter dimostrare che determinati beni sono esclusi dalla comunione, quando siano stati acquistati con il trasferimento di beni strettamente personali o con il loro scambio.
Infatti, in relazione alla natura personale dei beni acquistati da uno dei coniugi durante il regime della comunione legale dei beni, l’art. 179 c.c. indica i casi ed i presupposti necessari affinché un determinato acquisto possa qualificarsi come “personale”. In particolar modo la lettera f) del suddetto articolo afferma che hanno natura personale “i beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato nell’atto di acquisto”, e tra i beni personali sopraelencati la lettera a) dell’art. 179 c.c. indica “i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento”. Pertanto l’acquisto di un bene, effettuato con lo scambio o con il prezzo ricavato dalla vendita di un bene personale, fa sì che si concreti un’ipotesi di “surrogazione reale”, con conseguente riconoscimento della natura personale del nuovo bene così acquistato.
La lettera f) dell’art. 179 c.c. richiede, tuttavia, il concorso di un determinato requisito perché tale surrogazione possa realizzarsi, e cioè che venga espressamente dichiarata in atto la natura personale del bene impiegato per l’acquisto (fermo restando l’ulteriore requisito della partecipazione del coniuge all’atto, di cui all’art. 179, comma 2, c.c., richiesto tuttavia per i soli beni immobili e mobili registrati).
A.3) In merito al suddetto requisito della “espressa dichiarazione” in atto circa la natura personale del bene impiegato per l’acquisto, questa Corte (v. Cass. 08.02.1993, n. 1556; Cass. 18.08. 1994, n. 7437 cit.; Cass. 25.08.2008, n. 24061) ha costantemente affermato la necessità di tale dichiarazione solo ove possano sorgere dubbi circa la natura personale del bene impiegato per l’acquisto. Ove, difatti, vi sia obiettiva certezza circa la natura personale del bene utilizzato, la dichiarazione di cui all’art. 179 lett. f) diviene del tutto superflua, attesa la sua natura ricognitiva della sussistenza dei presupposti per l’acquisto personale. L’obiettiva certezza della natura personale del bene impiegato può ricavarsi sia dal titolo di acquisto di detto bene (es. bene acquistato per donazione o successione e quindi escluso dalla comunione legale ex art. 179 lett. b)), sia dalla sua natura intrinseca (come può essere per alcuni beni di uso strettamente personale di cui alla lett. c) del’art. 179), ovvero dalla semplice comparazione tra la data di acquisto di detto bene e quella del matrimonio. Nel caso, difatti, di impiego di un bene di cui il coniuge era titolare già prima del matrimonio, per l’acquisto di altro bene, è da escludersi che possa trovare applicazione la regola generale di cui all’art. 177 lett. a) c.c. Detta regola subisce difatti una eccezione nel caso di acquisto di beni personali, tra i quali rientra per l’appunto anche l’acquisto per surrogazione di cui all’art. 179 lett. f). Ne consegue il principio di diritto che, nel caso di acquisto di un bene, vigente il regime della comunione legale dei beni tra i coniugi, mediante l’impiego di altro bene, di cui sia certa l’appartenenza al coniuge acquirente prima del matrimonio, l’acquisto dovrà ritenersi escluso dalla comunione legale e di natura personale al solo coniuge acquirente, senza che sia necessario rendere la dichiarazione di cui all’art. 179 lett. f) c.c.
A.4) Ciò anche nel caso in cui il bene impiegato per l’acquisto sia del denaro appartenente al solo coniuge acquirente. Invero, la natura di bene fungibile riconosciuta al denaro e le connesse problematiche relative alla titolarità dello stesso non possono comunque ostacolare l’applicabilità dell’art. 179 lett. f) nel caso in cui sia certa la natura personale di tale bene, in quanto acquisito già prima del matrimonio, e la conseguente natura personale del bene con esso acquistato.
Pertanto correttamente l’impugnata sentenza ha affermato che i titoli acquistati con il denaro di cui M. M. era titolare esclusivo prima del matrimonio, non possono farsi rientrare nella comunione legale dei beni ex art. 177 lett. a), poiché l’obiettiva certezza della natura personale del denaro utilizzato per l’acquisto (certezza ricavabile della titolarità pregressa rispetto alla data del matrimonio), comporta l’esclusione dell’acquisto così effettuato dalla comunione e la sua conseguente qualificazione come acquisto personale ex art. 179 lett. f) c.c.
A.5) Infondato è poi l’assunto del ricorrente che il suddetto principio della titolarità esclusiva del bene acquistato con denaro personale di uno dei coniugi sarebbe rilevante solo nei rapporti interni tra i coniugi, e non anche nei confronti dei terzi, tra cui sarebbero da far rientrare gli eredi del de cuius. Al riguardo va rilevato che non è possibile distinguere un profilo interno ed uno esterno della titolarità dei beni nei rapporti tra due coniugi in regime di comunione legale dei beni. Gli articoli 177 e 179 del codice civile tendono difatti a delineare un sistema che distingue tra beni oggetto di comunione immediata tra i coniugi, beni oggetto delle cosiddetta “comunione de residuo” e beni di titolarità esclusiva di uno dei coniugi, senza mai distinguere tra un profilo interno (tra i soli coniugi) ed un profilo esterno (valevole nei confronti dei terzi) di tale titolarità. Pertanto un bene, sia esso oggetto di comunione legale, sia esso in titolarità esclusiva di uno dei coniugi, dovrà qualificarsi tale sia nei rapporti interni tra i coniugi, che nei confronti dei terzi. Va anche sottolineato che la stessa qualificazione di “terzi” attribuita agli eredi del de cuius da parte della ricorrente non può essere condivisa, tenuto conto del fatto che l’erede per sua natura viene considerato come continuatore della personalità del de cuius, subentrando nella titolarità di tutti i rapporti giuridici che ad esso facevano capo. Tale subingresso comporta che egli non possa essere qualificato come “terzo”, ma debba essere considerato come “parte” di un determinato rapporto giuridico facente capo al de cuius, alla stregua di quanto accadeva per il de cuius stesso.
B) Il secondo motivo non ha pregio, perché l’impugnata sentenza ha correttamente applicato l’invocata norma di cui all’art. 2719 c.c. e la disciplina in tema di contestazione di documenti.
Dopo aver rilevato che le contestazioni della B. alla documentazione dei fratelli M. erano generiche perché non specificavano in che cosa sarebbero consistite le falsità o altro dei singoli documenti prodotti, l’impugnata sentenza si è uniformata a quanto più volte affermato da questa Corte che la volontà di disconoscere il documento, pur non dovendosi manifestare con formule sacramentali, deve tuttavia risultare da un’impugnazione di specifico contenuto, tale cioè da potersi desumere gli estremi della negazione dell’autenticità del documento, e che il suddetto disconoscimento, in mancanza del quale la copia fotografica o fotostatica ha la stessa efficacia probatoria dell’originale, è soggetto alle modalità e termini fissati dagli art. 214 e 215 c.p.c. per il disconoscimento della propria scrittura e della propria sottoscrizione, dovendo, pertanto, essere effettuato nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione (cfr. fra le tante Cass. 22.6.2006, n. 14438; 11.2.2006, n. 212; 28.1.2004, n. 1525; 6.4.1999, n. 3314).
B.1) La riscontrata genericità e indeterminatezza delle contestazioni portano ad escludere l’ipotizzata possibilità di un ordine di esibizione degli originali alle banche, anche perché nel caso di produzione di copia fotostatica di una scrittura, l’esigenza di accertare la conformità all’originale, con tutti i mezzi di prova comprese le presunzioni, insorge, ai sensi dell’art. 2719 c.c., solo in presenza di una specifica contestazione della parte interessata alla conformità medesima e non anche quando sia in discussione esclusivamente l’efficacia probatoria dell’atto in relazione al suo contenuto.
Pertanto del tutto infondatamente la ricorrente sostiene che le esibite operazioni bancarie, essendo state compiute in costanza di matrimonio, sarebbero conducibili automaticamente alla comunione legale, per cui non sarebbe da porsi a suo carico alcun onere probatorio né la necessità di una contestazione specifica.
B.2) In ogni caso, l’impugnata sentenza, nonostante la genericità delle contestazioni, ha tuttavia analizzato la documentazione bancaria in atti e in generale le produzioni di entrambe le parti, ritenendo all’esito di un accertamento di fatto, incensurabile in questa sede di legittimità, pienamente raggiunta, sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti - fondate sugli elementi documentali suddetti - idonee a vincere la presunzione legale juris tantum di cui all’art. 195 c.c., la prova dell’esistenza di beni personali, consistenti in titoli e denaro, appartenenti a M. M. (non importa se per averli ricevuti in eredità dalla moglie V. S. o per altro motivo) già prima del matrimonio con la B., avvenuto il omissis, e rimasti tali fino al decesso del titolare perché consistenti in valori mobiliari (titoli e, in minima parte, denaro) gestiti separatamente e reinvestiti in modo da perseguirne l’incremento con i loro stessi proventi o attraverso il loro smobilizzo, con la piena consapevolezza di ciò in capo all’altro coniuge ex art. 179 lett. f) c.c.
B.3) Quanto al denunciato vizio di ultrapetizione è da e-scludere perché, come rilevato dalla Corte d’appello, la valutazione dell’appartenenza o non dei beni mobili in questione alla comunione legale dei coniugi M. - B. comportava necessariamente l’esame dell’effettiva qualificazione dei beni stessi come personali o meno di M. M..
C) Il terzo motivo è inammissibile.
Infatti è privo del quesito di diritto in ordine all’asserita violazione degli artt. 2727 - 2729 c.c. e artt. 112-113-115 c.p.c.; mentre in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. non risulta corredato da una sintetica esposizione del fatto controverso, degli elementi di prova valutati in modo illogico o illogicamente trascurati, dell’iter argomentativo in base al quale si sarebbe dovuti pervenire (se non vi fosse stato l’errore denunciato) ad un accertamento di fatto diverso da quello posto a fondamento della decisione (Cass. 18.7.2007, n. 16002).
C.1) In realtà il motivo, che si sostanzia nella denuncia di vizi di motivazione, con richiamo formale a norme giuridiche, impinge nel merito, con conseguente inammissibilità, perché propone una lettura delle risultanze processuali (i vari documenti delle banche) diversa da quella della Corte d’appello, la quale, in base ad un’attenta e rigorosa analisi di tutta la documentazione acquisita agli atti e a logiche presunzioni che la ricorrente solo genericamente contesta, ha accertato l’ammontare del patrimonio mobiliare personale del M. sia prima del matrimonio con la B. (ammontante ad oltre L. 2.000.000.000) sia al momento del decesso (ammontante a L. 2.435.923.907, di cui L. 1.429.425.127 presso la Banca Brignone e L. 1.006.498.780 presso la Banca San Paolo), giustificando l’incremento sulla scorta delle attestate operazioni compiute dal de cuius di disinvestimento ed investimento dei numerosi titoli.
C.2) Del tutto inconferenti sono poi le varie digressioni, contenute nel motivo, in ordine ad una comunione spirituale e materiale tra i coniugi, ai loro sentimenti e ad una singolare rilettura delle disposizioni testamentarie del de cuius.
D) Inammissibile è anche l’unico motivo del ricorso incidentale di Ma. e S. M. perché il quesito di diritto, sopra riportato, oltre ad essere carente di una esposizione riassuntiva degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, non contiene l’indicazione (sintetica) della regola di diritto applicata da tale giudice e quella della diversa regula iuris che, a dire dei ricorrenti, avrebbe dovuta essere applicata al caso di specie. Inoltre con tale motivo non viene censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza che ha rilevato l’inammissibilità della domanda dei M. sull’assorbente rilievo che essa si basava su un titolo completamente diverso da quello azionato dalla B..
E) In conclusione, entrambi i ricorsi, principale e incidentale, sono rigettati.
Atteso l’esito del giudizio, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

10 - Cass. 399/10: Nullità matrimonio canonico

Il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità canonica del matrimonio concordatario contratto dalle parti, fa venir meno il vincolo coniugale, e quindi anche il potere-dovere del giudice di statuire in ordine all'assegno di mantenimento, trovando applicazione la disciplina del matrimonio putativo di cui agli artt. 128, 129 e 129 - bis cod. civ. (richiamati dall'art. 18 della legge 27 maggio 1929, n. 847) con la conseguenza che, qualora il giudicato sia intervenuto dopo la pubblicazione della sentenza d'appello, è inammissibile il ricorso per cassazione, restando travolte le decisioni adottate in argomento nei precedenti gradi di giudizio.

9- Cass. 4757/10: Separazione e Comunione legale

La domanda di scioglimento della comunione legale può essere proposta anche in pendenza della causa di separazione tra i coniugi. La pronuncia di merito acquisterà efficacia solo in seguito al passaggio in giudicato della decisione: si tratta di una vera e propria condizione dell'azione e non di un presupposto processuale, con la conseguenza che la definitività della separazione ha effetto sanante delle ev. carenze originarie.

La sentenza si pone in linea con la giurisprudenza ormai consolidata sull'art. 191 c.c. il quale prevede tra le cause di scioglimento della comunione la separazione personale e secondo cui lo scioglimento si perfeziona con il passaggio in giudicato della separazione giudiziale o della omologazione di quella consensuale.

8- Cass. 225/10: Ambito art. 228 l. 151/75

Cassazione, sentenza 11 gennaio 2010, n. 225, sez. II civile
Famiglia – Matrimonio – Rapporti patrimoniali tra coniugi – Disciplina transitoria - As-soggettamento a comunione legale delle famiglie già costituite alla data di entrata in vigore della legge n. 151 del 1975 - Opposizione, entro il termine previsto dall'art. 228 della legge n. 151, relativamente ai beni acquistati dopo l'entrata in vigore della legge medesima - Beni acquistati nel periodo transitorio - Opposizione all'assoggettamento a comunione legale - Ne-cessità. 

In tema di regime patrimoniale della famiglia, la norma transitoria di cui all'art. 228 della legge 19 maggio 1975, n. 175 assoggetta alla disciplina della comunione legale anche le famiglie già costituite alla data di entrata in vigore della stessa legge, potendo ciascuno dei coniugi opporsi al regime di comunione legale con una dichiarazione di volontà, da manifestarsi entro due anni da detta data, in relazione ai soli beni acquistati dopo la data medesima e, dunque, anche in relazione a quelli acquistati nel periodo durante il quale gli stessi coniugi avrebbero potuto manifestare la volontà contraria all'anzidetto assoggettamento. 
Riferimenti normativi: Legge 19/05/1975 n. 151 art. 228.
Massime precedenti Conformi: n. 6954 del 1997.

7- Cass. 38925/09: Fondo patrimoniale e Fisco

Cassazione, sez. III penale, 7 ottobre 2009, n. 38925
Fondo patrimoniale - Accertamento fiscale - Inopponibilità
- Sequestro - Ammissibilità
È ammissibile il sequestro di macchine e appartamenti
fatti confluire da madre, padre e figlio in un fondo patrimoniale
subito dopo aver ricevuto una visita della Guardia
di finanza. Pertanto, il fondo patrimoniale non funge
da scudo contro il fisco. Infatti, possono essere sequestrati
i beni della società di famiglia anche se vi sono
confluiti prima dell’accertamento fiscale e della procedura
di riscossione.


6- Cass. SU 9660/09: Posizione del coniuge non interveniente

Cassazione, sentenza 23 aprile 2009, n. 9660, sez. unite civili

Procedimento civile – Litisconsorzio – Necessario – In genere - Comunione legale dei coniugi - Atto di alienazione immobiliare compiuto da uno dei coniugi - Azione revocatoria fallimentare - Litisconsorzio necessario nei confronti dell'altro coniuge - Esclusione - Fondamento. 

Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Effetti – Sugli atti pregiudizievoli ai creditori – Azione revocatoria fallimentare – In genere - Comunione legale dei coniugi - Atto di alienazione immobiliare compiuto da uno dei coniugi - Azione revocatoria fallimentare - Litisconsorzio necessario nei confronti dell'altro coniuge - Esclusione - Fondamento. 

Qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Pertanto, in riferimento all'azione revocatoria esperita, ai sensi sia dell'art. 66 che dell'art. 67 legge fall., in favore del disponente fallito, non sussiste un ipotesi di litisconsorzio necessario, poiché detta azione non determina alcun effetto restitutorio né traslativo, ma comporta l'inefficacia relativa dell'atto rispetto alla massa, senza caducare, ad ogni altro effetto, l'atto di alienazione. 

Riferimenti normativi: Cod. Civ. artt. 177, 1470, 2901; Cod. Proc. Civ. art. 102; Legge Falliment. artt. 66 e 67.

Massime precedenti Conformi: n. 24031 del 2004, n. 24051 del 2006.

Massime precedenti Difformi: n. 12313 del 2004.

Massime precedenti Vedi: n. 2983 del 1991, n. 11428 del 1992, n. 13941 del 1999, n. 7404 del 2003.


5- Giurisprudenza 2008

Cass. n. 20296/2008- Acquisto per usucapione da parte di un solo coniuge e caduta in comunione.

L’Acquisto per usucapione di un immobile compiuto da un solo coniuge entra in comunione legale e pertanto il contratto di alienazione dello stesso da parte del solo coniuge acquirente è annullabile ai sensi dell’art. 184.


Tribunale Modena 2008- amministratore di sostegno. 

L’interdizione non deve essere pronunciata nei confronti dell’infermo ma solo in presenza dell’ineludibile presupposto per assicurare all’interessato idonea protezione. La misura dell’a.m. risulta più protettiva rispetto a quella rigorosamente e astrattamente ablativa dell’interdizione.



Cass. n. 11487/2008 (Assegno di mantenimento, vendita casa)
Per disporre la modificazione delle condizioni di separazione occorre la sopravvenienza di giustificati motivi, quali sono i mutamenti delle condizioni economiche delle parti, in guisa tale che sia mutato il complessivo equilibrio fissato in sede di separazione, non bastando a tal fine il venir meno di un determinato introito di cui fruiva l'obbligato, ovvero l'alienazione da parte sua di un bene, dovendo l'obbligato, per poter chiedere ed ottenere la modifica degli assegno stabiliti in sede di separazione, dare la prova del mutamento, in conseguenza di tali fatti, di detto equilibrio. 

Cass. 6120/2008 (esclusione bene dalla comunione ex 179)

In caso di acquisto di un bene immobile / mobile registrato effettuato da uno dei due coniugi dopo il matrimonio, al fine di escludere la comunione legale è sempre necessario che detta esclusione risulti espressamente dall’atto di acquisto purchè a detto atto partecipi anche l’altro coniuge; orbene la mancata contestazione in detta sede ovvero la esplicita conferma attraverso una propria dichiarazione in ordine alla natura personale del bene, ha carattere ricognitivo e non negoziale, e tuttavia costituisce pur sempre un atto giuridico volontario e consapevole, cui il legislatore attribuisce la valenza di testimonianza privilegiata, ricollegandovi l’effetto di una presunzione iuris et de iure di esclusione della cointitolarietà del’acquisto. Il vincolo derivante da tale presunzione non è assoluto, potendo essere rimosso per errore di fatto o per violenza, nei limiti a cui ciò è consentito per la confessione.



Cass. 20296/2008 (vendita immobile in comunione)

E’ preclusa ad un solo coniuge l’alienazione di un bene immobile oggetto di comunione legale stante l’operatività dell’art. 184. Non può considerarsi atto di ordinaria amministrazione la stipula di una compravendita avente ad oggetto un immobile in comunione legale seppure lo scopo della vendita sia costituito dal ripianamento di una esposizione debitoria di entrambi i coniugi.



Tribunale di Catania 17 luglio 2007 (Comunione legale e società di persone- trasformazione)

Gli acquisti di partecipazioni sociali in costanza di matrimonio, che importano a carico del socio una responsabilità illimitata e personale, sono soggetti alla comunione del residuo ex 178.

La trasformazione di una S.n.c. in una S.r.l. comporta l’acquisizione ai sensi dell’art. 177 al patrimonio di uno dei due coniugi di una quota di società di capitali, la quale cade pertanto in comunione immediata.

La clausola statutaria di prelazione ha effetto limitatamente ai rapporti interni tra i soci e società e non è opponibile al coniuge non intestatario, che pertanto ha diritto alla iscrizione nel libro soci.


4- Cass. 21637/09: Coniuge divorziato e casa coniugale

L'ex coniuge non può rivendicare la proprietà di una quota della casa abitativa edificata su un terreno di esclusiva proprietà dell'altro coniuge se, in costanza di matrimonio, i coniugi hanno optato per il regime di separazione dei beni. In tal senso si è espressa la Seconda Sezione della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 21637 del 12 ottobre 2009.

La questione nasce dalla domanda di una ex moglie volta a vedersi riconoscere appunto la proprietà di un mezzo della casa di civile abitazione, essendo quest'ultima edificata su un terreno formalmente intestato all'altro coniuge ma in realtà (a dire della ex moglie) acquistato in “comunione di fatto” da entrambi i coniugi.

Il Tribunale adito in primo grado rigetta la domanda rilevando in particolare che, durante il matrimonio, i coniugi erano in separazione dei beni e che comunque la parte attrice non aveva dato prova della presunta simulazione del contratto di acquisto del terreno in favore del solo ex marito.

La Corte d'appello investita del gravame conferma la pronuncia di primo grado, rilevando che, incontestata la scelta dei coniugi in favore del regime patrimoniale di separazione dei coniugi, l'appellante non aveva dato prova della presunta “comunione di fatto” intervenuta tra i coniugi, non avendo fornito prova scritta (stante il divieto di prova orale della simulazione ex art. 1417 c.c.) della asserita simulazione relativa per interposizione fittizia di persona all'atto di acquisto del terreno (su cui poi era stata costruita la casa) in favore del solo ex marito, non potendo assolvere a tale onere la mancata risposta del convenuto all'interrogatorio formale deferitogli. Né la circostanza che l'ex moglie godesse della casa e pagasse le relative tasse, aggiunge la Corte territoriale adita, consentiva di rivendicare l'acquisto della proprietà in comunione, attenendo le dette circostanze al regime di vita dei coniugi e al relativo contributo economico per le esigenze familiari.

La ex moglie ricorre in Cassazione osservando che, pur potendosi sostenere che la costruzione della casa abitativa su suolo di esclusiva proprietà di uno dei coniugi non rientra nella comunione di cui all'art. 159 c.c., tuttavia l'ex marito aveva attribuito la proprietà di un mezzo della detta casa tramite dichiarazione resa in forma scritta in sede di ricorso per separazione, circostanza poi comprovata dal contegno processuale dell' ex marito (non essendo comparso all'interrogatorio formale deferito, ex artt. 116 e 232 c.p.c.).

La Suprema Corte rigetta il ricorso affermando che, in ordine alla dimostrazione della dissimulazione della cointestazione ai coniugi del terreno su cui era stata costruita la casa abitativa, la Corte d'appello si è attenuta correttamente al principio già espresso dal Giudice di legittimità (da ultimo, Cassazione civile, sez. II, sentenza 19.02.2008, n° 4071) secondo cui la prova della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona in un contratto per il quale è prevista la forma scritta ad substantiam, incontra non solo i limiti legali dell'ammissibilità della prova testimoniale (artt. 2721 e ss. c.c.) ma anche i più rigorosi limiti di cui all'art. 1414, II comma, c.c. (se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purchè ne sussistano i requisiti di sostanza e di forma) nonché dell'art. 2725 c.c. (Quando secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell'articolo precedente (smarrimento incolpevole del relativo documento). La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità.).

Pertanto, trattandosi di prova della simulazione di un contratto di compravendita immobiliare, la mancata risposta della parte all'interrogatorio formale deferito non poteva supplire alla mancanza della prova scritta.

E' opportuno evidenziare peraltro che la ricorrente, come si è detto, aveva censurato anche la mancata considerazione, da parte della Corte d'appello, del ricorso per separazione, con il quale l'ex marito aveva riconosciuto alla ex moglie (in forma scritta) appunto il 50% della proprietà della casa abitativa, ma tale doglianza viene ritenuta inammissibile dalla Corte di Cassazione, non avendo osservato la ricorrente l'onere di riportare specificamente nel motivo di censura il contenuto del ricorso per separazione (ben potendo quest'ultimo contenere l'atto negoziale di trasferimento immobiliare a causa atipica, cfr. Tribunale Salerno, Sez. I, 4 luglio 2006, in Redazione Giuffrè, 2006; Cass. Civ., Sez. I, 12 aprile 2006, n. 8516 in Guida al Diritto, 2006), violando così il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.


3- Cass. S.U. 22755/09: Acquisto del terzo e Comunione legale

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Sentenza 20 - 28 ottobre 2009, n. 22755

(Presidente Carbone - Relatore Nappi)

Svolgimento del processo


Il 25 giugno 1996 R. B. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Marsala l'ex marito P. B. e N. P., cui in data omissis lo stesso B. aveva venduto un alloggio, che in precedenza era stato destinato a casa coniugale sin dal suo acquisto in data omissis, benché entrambi i coniugi ne avessero all'epoca simulato la destinazione all'attività professionale del marito, per sottrarlo a scopo fiscale alla comunione legale.

Chiese dunque che, dichiarata la simulazione dell'atto pubblico per notar L. F. di acquisto dell'immobile a nome del solo P. B., fosse accertata la comune proprietà dell'alloggio in capo a entrambi i coniugi e ne fosse di conseguenza annullata la successiva vendita a N. P..

Ripropose così la domanda già proposta nel giudizio di separazione personale dei coniugi e trascritta il 10 luglio 1991, ma dichiarata inammissibile in quella sede.

Il tribunale qualificò la domanda di R. B. come azione di simulazione del contratto di compravendita stipulato dai coniugi B. per l'acquisto dell'immobile controverso. Ordinò pertanto l'integrazione del contraddittorio nei confronti di A. F. e M. L. A., danti causa di P. B. e R.

B.. E rigettò la domanda per mancanza di prova scritta.

La decisione, impugnata da R. B., fu tuttavia riformata dalla Corte d'appello di Palermo, che, qualificata la domanda come azione di accertamento della comunione legale, riconobbe R. B. comproprietaria dell'immobile e di conseguenza annullò il contratto di compravendita per notar C. stipulato da N. P. con il solo P. B..

Ritennero i giudici d'appello che l'indiscussa e comunque accertata destinazione dell'immobile a casa coniugale ne aveva determinato l'immediata inclusione nella comunione legale sin dall'acquisto, perché la dichiarazione resa da R. B. nell'atto pubblico di compravendita del omissis, circa la destinazione dell'immobile all'attività professionale del marito commercialista, non aveva avuto efficacia negoziale e non aveva comportato pertanto la sottrazione del bene alla comunione.

Contro la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione N. P., con un unico motivo d'impugnazione, cui resiste con controricorso R. B., che ha proposto altresì, ricorso incidentale condizionato e ha poi depositato anche una memoria. Mentre non ha spiegato difese P. B..

La prima sezione civile di questa corte, cui il ricorso era stato assegnato, ne ha sollecitato la rimessione alle Sezioni unite. Ha rilevato infatti un contrasto di giurisprudenza circa la disponibilità del diritto alla comunione legale su beni che per legge vi sarebbero inclusi; e la particolare importanza della consequenziale questione degli effetti nei confronti dei terzi acquirenti nel caso di sopravvenuto accertamento della comunione legale sui beni alienati dal coniuge unico intestatario.

Successivamente P. ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. Disposta a norma dell'art. 335 c.p.c. la riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza, va innanzitutto rilevato che nella memoria depositata dalla controricorrente R. B. viene eccepita l'improcedibilità del ricorso principale per omessa notifica ai chiamati in causa A. F. e M. L. A..

Si tratta tuttavia di eccezione palesemente infondata, perché non è più in discussione in questo giudizio il contratto di compravendita cui parteciparono A. F. e M. L. A., bensì solo il contratto di compravendita stipulato da N. P. con P. B..

Né rileva in questa sede se violi l'art. 112 c.p.c. la modificazione della qualificazione giuridica della domanda da parte della corte d'appello, posto che si tratterebbe comunque di un error in procedendo non dedotto dal ricorrente e non rilevabile d'ufficio (Cass., sez. III, 17 gennaio 2007, n. 978, m. 596924).

2. Con l'unico complesso motivo del suo ricorso N. P. deduce violazione degli art. 179, 184, 1445 c.c., vizi di motivazione della decisione impugnata.

Lamenta innanzitutto che la corte d'appello non abbia tenuto conto della sua buona fede di terzo acquirente, cui non poteva addossarsi una responsabilità del solo P. B..

Eccepisce poi la prescrizione dell'azione di annullamento, perché proposta a oltre un anno sia dall'acquisto dell'immobile da parte dei coniugi B. sia dal successivo acquisto dello stesso immobile da parte sua.

Lamenta infine che la dichiarazione resa da R. B. all'atto dell'acquisto dell'immobile da parte del marito sia stata erroneamente qualificata come meramente ricognitiva, anziché negoziale, senza considerarne la destinazione a rifiutare gli effetti traslativi del contratto. E rilevato che su tale questione v'è contrasto di giurisprudenza, chiede che la questione sia risolta dalle Sezioni unite della corte.

3. Risulta preliminare l'esame dell'eccezione di prescrizione proposta dal ricorrente, perché, ove tale eccezione risultasse ammissibile e fondata, la conseguente dichiarazione di estinzione del diritto azionato da R. B. renderebbe irrilevante l'accertamento della sua effettiva esistenza (Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581, m. 600910).

Sennonché, posto che quella prevista dall'art. 184 c.c. è effettivamente una prescrizione e non una decadenza (Cass., sez. II, 19 febbraio 1996, n. 1279, m. 495904), l'eccezione è inammissibile, perché il ricorrente non ha neppure allegato di averla già proposta sin dal giudizio di primo grado.

Infatti l'art. 345 comma 2 c.p.c. ammette che siano dedotte in appello nuove eccezioni solo quando sarebbero rilevabili d'ufficio.

Sicché, essendo quella di prescrizione un'eccezione non rilevabile d'ufficio (art. 2938 c.c.), il ricorrente avrebbe dovuto quantomeno allegare, non solo di averla dedotta già in primo grado, ma anche di averla poi riproposta in appello a norma dell'art. 346 c.p.c. (Cass., sez. L, 7 settembre 2007, n. 18901, m. 598866, Cass., sez. L, 12 novembre 2007, n. 23489, m. 600249). In mancanza di tale allegazione, l'eccezione di prescrizione è preclusa anche in questa sede.

4. Risulta dunque rilevante la questione della natura e degli effetti della dichiarazione con la quale R. B., intervenuta nell'atto per notar L. F. stipulato da P. B. il omissis, riconobbe che l'immobile controverso veniva acquistato allo scopo di destinarlo all'attività professionale del marito commercialista. Ed è con riferimento a tale questione che s'è manifestato nella giurisprudenza di legittimità il contrasto denunciato dalla prima sezione civile di questa corte. I riferimenti normativi di questa controversa questione sono tre:

a) l'art. 177 comma 1 lettera a) c.c., che include nella comunione legale “gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali”;

b) l'art. 179 comma 1 c.c., che elenca i beni esclusi dalla comunione in quanto personali e tra gli altri vi annovera, alla lettera d), anche “i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione”;

c) l'art. 179 comma 2 c.c., laddove prevede che l'acquisto di beni immobili o equiparati, benché effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto, se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge e ove si tratti di “beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge” (art. 179, comma 1, lettera c), di “beni che servono all'esercizio della professione del coniuge” acquirente (art. 179, comma 1, lettera d), di “beni acquisiti con il prezzo del trasferimento” di altri beni già personali del coniuge acquirente (art. 179, comma 1, lettera f). 4.1 - Come risulta dalla citata ordinanza interlocutoria della prima sezione civile, è controverso sia in dottrina sia in giurisprudenza se abbia natura meramente ricognitiva ovvero negoziale l'atto con il quale uno dei coniugi, intervenendo nel contratto stipulato dall'altro coniuge, riconosca a norma dell'art. 179 comma 2 c.c. la natura personale del bene acquistato e consenta perciò alla sua esclusione dalla comunione legale. Dalla natura meramente ricognitiva attribuita all'atto previsto dall'art. 179 comma 2 c.c., in particolare, un orientamento maggioritario della giurisprudenza di questa corte fa discendere l'enunciazione di un principio di indisponibilità del diritto alla comunione legale (Cass., sez. I, 27 febbraio 2003, n. 2954, m. 560743, Cass., sez. I, 24 settembre 2004, n. 192 50, m. 577347), benché ne riconosca poi la irretrattabilità, quale “dichiarazione a contenuto sostanzialmente confessorio, idonea a determinare l'effetto di una presunzione “juris et de jure” di non contitolarità dell'acquisto, di natura non assoluta ma superabile mediante la prova che la dichiarazione sia derivata da errore di fatto o da dolo e violenza nei limiti consentiti dalla legge” (Cass., sez. II, 6 marzo 2008, n. 6120, m. 602411, Cass., sez. I, 19 febbraio 2000, n. 1917, m. 534144).

Sennonché può certo ammettersi che la dichiarazione prevista dall'art. 179 comma 2 c.c. abbia natura ricognitiva e portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto, ma non quando sia solo espressiva di una manifestazione di intenti.

Infatti una dichiarazione di intenti può essere più o meno sincera o affidabile, ma non è una attestazione di fatti, predicabile di verità o di falsità; e quindi, secondo quanto prevede l'art. 2730 c.c., non può avere funzione di confessione (Cass., sez. un., 26 maggio 1965, n. 1038, m. 312020, Cass., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3033, m. 606575).

Esemplificando, può avere dunque natura ricognitiva la dichiarazione con la quale uno dei coniugi riconosca appunto che il corrispettivo dell'acquisto compiuto dall'altro coniuge viene pagato con il prezzo del trasferimento di altri beni già personali (art. 179, comma 1, lettera f). Ma non può attribuirsi natura ricognitiva alla dichiarazione con la quale uno dei coniugi esprima condivisione dell'intento dell'altro coniuge di destinare alla propria attività personale il bene che viene acquistato.

Certo, non può negarsi una peculiare efficacia probatoria all'intervento del coniuge non acquirente che sia effettivamente ricognitivo dei presupposti di fatto dell'esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge. Ma il problema qui realmente in discussione non è tale possibile efficacia probatoria.

4.2 - Il problema che è effettivamente in discussione è se l'intervento ex art. 179 comma 2 c.c. del coniuge non acquirente sia elemento costitutivo della fattispecie cui si ricollegano gli effetti di esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge.

Occorre dunque stabilire non solo se l'intervento adesivo del coniuge non acquirente sia condizione sufficiente dell'esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge; ma anche se sia condizione necessaria di un tale effetto. Secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, infatti, l'intervento adesivo del coniuge non acquirente è di per sé sufficiente all'esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge, indipendentemente dall'effettiva natura personale del bene (Cass., sez. I, 2 giugno 1989, n. 2688, m. 462974).

Secondo altra parte della dottrina e della giurisprudenza, invece, l'intervento adesivo del coniuge non acquirente non è sufficiente a escludere dalla comunione il bene acquistato dall'altro coniuge, ma è condizione necessaria di tale esclusione; sicché, quand'anche sia effettivamente personale, il bene rimane incluso nella comunione in mancanza dell'intervento adesivo del coniuge non acquirente (Cass., sez. I, 24 settembre 2004, n. 19250, m. 577347).

4.3 - Dalla stessa lettera dell'art. 179 comma 2 c.c. risulta peraltro che l'intervento adesivo del coniuge non acquirente non è di per sé sufficiente a escludere dalla comunione il bene che non sia effettivamente personale.

La norma prevede infatti che i beni acquistati risultano esclusi dalla comunione “ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge”. Sicché dall'atto deve risultare alcuna delle cause di esclusione della comunione tassativamente indicate nel primo comma dello stesso art. 179 c.c.; e l'effetto limitativo della comunione si produce solo “ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma”, vale a dire solo se i beni sono effettivamente personali. L'intervento adesivo del coniuge non acquirente può dunque rilevare solo come prova dei presupposti di tale effetto limitativo, quando, come s'è detto, assuma il significato di un'attestazione di fatti. Ma non rileva come atto negoziale di rinuncia alla comunione. E quando la natura personale del bene che viene acquistato sia dichiarata solo in ragione di una sua futura destinazione, sarà l'effettività di tale destinazione a determinarne l'esclusione dalla comunione, non certo la pur condivisa dichiarazione di intenti dei coniugi sulla sua futura destinazione.

Secondo il sistema definito dagli art. 177 e 179 comma 1 c.c., infatti, l'inclusione nella comunione legale è un effetto automatico dell'acquisto di un bene non personale da parte di alcuno dei coniugi in costanza di matrimonio. Ed è solo la natura effettivamente personale del bene a poterne determinare l'esclusione dalla comunione.

Se il legislatore avesse voluto riconoscere ai coniugi la facoltà di escludere ad libitum determinati beni dalla comunione, lo avrebbe fatto prescindendo dal riferimento alla natura personale dei beni, che condiziona invece gli effetti previsti dall'art. 179 comma 2 c.c..

Certo, potrebbe anche ritenersi che una tale facoltà debba essere riconosciuta ai coniugi per ragioni sistematiche, indipendentemente da un'espressa previsione legislativa. Come potrebbe ritenersi che, dopo C. cost., n. 91/1973, non possa negarsi a ciascun coniuge il diritto di donare anche indirettamente all'altro la proprietà esclusiva di beni non personali. Tuttavia tali facoltà non potrebbero affatto desumersi dall'art. 179 comma 2 c.c., che condiziona comunque l'effetto limitativo della comunione alla natura realmente personale del bene; e attribuisce all'intervento adesivo del coniuge non acquirente la sola funzione di riconoscimento dei presupposti di quella limitazione, ove effettivamente già esistenti.

4.4 - Deve nondimeno ritenersi che l'intervento adesivo del coniuge non acquirente sia condizione necessaria dell'esclusione dalla comunione del bene acquistato dall'altro coniuge. L'art. 179 comma 2 c.c. prevede infatti che l'esclusione della comunione ai sensi dell'art. 179 comma lettere c) d) e f) c.c. si abbia solo se la natura personale del bene sia dichiarata dall'acquirente con l'adesione dell'altro coniuge.

Sicché nei casi indicati la natura personale del bene non è sufficiente a escludere di per sé l'esclusione dalla comunione, se non risulti concordemente riconosciuta dai coniugi. E tuttavia l'intervento adesivo del coniuge non acquirente è richiesto solo in funzione di necessaria documentazione della natura personale del bene, unico presupposto sostanziale della sua esclusione dalla comunione.

Sicché l'eventuale inesistenza di quel presupposto potrà essere comunque oggetto di una successiva azione di accertamento, pur nei limiti dell'efficacia probatoria che l'intervento adesivo avrà in concreto assunto.

4.5 - Come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata, pertanto, il coniuge non acquirente può successivamente proporre domanda di accertamento della comunione legale anche rispetto a beni che siano stati acquistati come personali dall'altro coniuge, non risultando precluso tale accertamento dal fatto che il coniuge non acquirente fosse intervenuto nel contratto per aderirvi.

Tuttavia, se l'intervento adesivo ex art. 179 comma 2 c.c. assunse il significato di riconoscimento dei già esistenti presupposti di fatto dell'esclusione del bene dalla comunione, l'azione di accertamento presupporrà la revoca di quella confessione stragiudiziale, nei limiti in cui è ammessa dall'art. 2732 c.c. Se invece, come nel caso in esame, l'intervento adesivo ex art. 179 comma 2 c.c. assunse il significato di mera manifestazione dei comuni intenti dei coniugi circa la destinazione del bene, occorrerà accertare quale destinazione il bene ebbe effettivamente, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità degli intenti così manifestati.

E poiché nel caso in esame è indiscusso che l'immobile, benché acquistato come bene personale, fu in realtà destinato a casa coniugale, il ricorso è sotto questo aspetto infondato.

5. Viene allora in considerazione l'ultima questione posta dal ricorrente principale, quella dell'opponibilità al terzo acquirente in buona fede del sopravvenuto accertamento della comunione legale sul bene vendutogli.

Come lo stesso ricorrente riconosce, all'azione proposta a norma dell'art. 184 c.c. è applicabile la disposizione dell'art. 1445 c.c., che fa salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento anche in pregiudizio dei diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede.

Quella prevista dall'art. 184 c.c. è infatti un'azione di annullamento (C. cost., n. 311/1988); e per tutto quanto non diversamente stabilito dalla norma speciale che la prevede, deve ritenersi applicabile la disciplina generale dell'azione di annullamento dei contratti.

L'art. 184 c.c., come l'art. 1445 c.c., si riferisce infatti a un caso di invalidazione dell'atto di acquisto del terzo per vizio del titolo del suo dante causa. E non rileva il fatto che il vizio del titolo del dante causa dipende nel caso dell'art. 184 c.c. da un'azione di accertamento, nel caso dell'art. 1445 c.c. da altra azione di annullamento.

Sicché deve ritenersi che, salvi gli effetti della trascrizione della domanda, il sopravvenuto accertamento della comunione legale non è opponibile al terzo acquirente di buona fede.

Nel caso in esame è indiscusso che il ricorrente trascrisse il suo atto di acquisto il omissis, prima della domanda di annullamento del contratto proposta il omissis da R. B..

È vero che l'attrice aveva già trascritto in data omissis la sua domanda di accertamento della comunione. Ma come risulta anche dalla sentenza impugnata, quella domanda fu dichiarata inammissibile il 26 novembre 1994.

Sicché la trascrizione non può giovare a R. B., che ripropose la sua domanda solo il omissis (Cass., sez. II, 9 gennaio 1993, n. 148, m. 480203).

Ne consegue che il sopravvenuto accertamento dell'appartenenza anche a R. B. del bene acquistato da N. P. può essere opposto al compratore solo se si dimostri che egli non era in buona fede.

Ma di tale questione la corte d'appello non s'è occupata affatto.

Va pertanto accolto sotto questo profilo il ricorso di N. P..

E la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, perché il giudice del merito proceda all'accertamento di tale fatto rilevante e controverso.

Del resto, con il ricorso incidentale condizionato, R. B. censura la sentenza impugnata per avere appunto omesso l'accertamento della mancanza di buona fede dell'acquirente. Sicché la sentenza impugnata va cassata anche in accoglimento del ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando a sezioni unite, riuniti i ricorsi, accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso principale e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione.

2- Cass. Trib.- Conto corrente bancario del singolo coniuge

Cassazione, sez. trib., 6 maggio 2009, n. 10386
Comunione legale - Conto corrente bancario - Diritto di credi-
to - Inclusione nell’oggetto della comunione dei beni


Anche i crediti - così come i diritti a struttura comples-
sa, come i diritti azionari, o quelli derivanti da conti
bancari o fondi di investimento - in quanto «beni» ai
sensi degli artt. 810 ss. c.c., sono suscettibili di entrare
nella comunione, ove non ricorra una delle eccezioni po-
ste dalla legge. 
Pertanto, anche il saldo attivo di un conto corrente ban-
cario - intestato, in regime di comunione legale dei beni,
soltanto ad uno dei coniugi e nel quale siano affluiti pro-
venti dell’attività separata svolta dallo stesso, se ancora
sussistente - deve considerarsi facente parte della comu-
nione legale dei beni al momento del decesso dell’intesta-
tario, allorquando, cioè, si verifica in concreto lo sciogli-
mento della stessa, determinato dalla morte, con il con-
seguente riconoscimento - a maggior ragione da tale epo-
ca - di una titolarità comune dei coniugi sul saldo stesso.
Invero, lo scioglimento attribuisce al coniuge superstite il
diritto al riconoscimento di una contitolarità propria sulla
comunione e, attesa la presunzione di parità delle quote,
un diritto proprio, e non ereditario, sulla metà dei frutti e
dei proventi residui, persino anche nelle ipotesi in cui es-
si fossero stati esclusivi del coniuge defunto.

1-      Cass.SU- Natura della dichiarazione del coniuge ex 179 cc.

Cassazione, sentenza 28 ottobre 2009, n. 22755, sez. Unite civili
Comunione legale tra coniugi – Esclusione dalla comunione legale di beni acquistati du-rante il matrimonio – Beni di uso personale di ciascun coniuge – Immobile destinato all’attività professionale di un coniuge – Intervento in atto del coniuge non acquirente – Natura della dichiarazione del coniuge non acquirente intervenuto nell’atto di acquisto.

La dichiarazione del coniuge non acquirente prevista dall’art. 179, comma 2, c.c. ha natura ricognitiva e portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto, ma non quando sia solo espressiva di una manifestazione d’intenti. Infatti una dichiarazione d’intenti può essere più o meno sincera o affidabile, ma non è un’attestazione di fatti, predicabile di verità o di falsità; e quindi, secondo quanto prevede l’art. 2730 c.c., non può avere funzione di confessione. 
L’art. 179, comma 2, c.c. condiziona comunque l’effetto limitativo della comunione alla natura realmente personale del bene e attribuisce all’intervento adesivo del coniuge non acquirente la sola funzione di riconoscimento dei presupposti di tale limitazione, ove effettivamente già esistenti, quando assuma il significato di un’attestazione di fatti. Ma non rileva come atto negoziale di rinuncia alla comunione. E quando la natura personale del bene che viene acquistato sia dichiarata solo in ragione di una sua futura destinazione, sarà l’effettività di tale destinazione a determinarne l’esclusione dalla comunione, non certo la pur condivisa dichiarazione d’intenti dei coniugi sulla sua futura destinazione.
La natura personale del bene non è sufficiente ad escludere di per sé l’esclusione dalla comunione, se non risulti concordemente riconosciuta dai coniugi. E tuttavia l’intervento adesivo del coniuge non acquirente è richiesto solo in funzione di necessaria documentazione della natura personale del bene, unico presupposto sostanziale della sua esclusione dalla comunione.

 

 

 

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