Società di capitali: aumento a pagamento del capitale in presenza di perdite

 

 

Sul Tema è recentemente intervenuta Cass. del 13 gennaio 2006, n. 543, ove si legge: “delle tre ipotesi di riduzione del capitale sociale per perdite, quella per perdite inferiori al terzo e le altre due per perdite superiori al terzo, la prima, che ricorre nel caso in esame, non è stata specificamente regolamentata. Tale constatazione non legittima tuttavia l'affermazione di esistenza di un vuoto normativo cui consegua un'articolazione dell'operazione rimessa alla mera discrezionalità dei singoli enti, i quali rimarrebbero liberi di disciplinarla secondo criteri e scansioni che finirebbero per essere del tutto difformi da caso a caso, a seconda delle singole specifiche previsioni statutarie. Osta a ciò il rilievo che la fattispecie realizza un'operazione che per sua stessa natura è destinata ad incidere sull'assetto sociale, e quindi ad interferire nella sfera soggettiva dei soci, e segnatamente sul loro interesse alla distribuzione degli utili, i quali perciò devono essere destinatari d'informazione interna, e spiega altresì influenza anche sugli interessi dei terzi, segnatamente dei creditori sociali, le cui ragioni sono garantite proprio dal capitale sociale. Di qui l'esigenza, di evidente pregnanza, che essa si attui alla stregua di un modello astrattamente predefinito, che offra adeguata garanzia di protezione sia per l'una che per l'altra categoria di soggetti interessati, che, nel silenzio del legislatore, deve necessariamente mutuarsi dall'istituto, espressamente regolamentato dall'art. 2446 c.c.”.

Si tratta di stabilire se l’istituto espressamente regolamentato dall’art. 2446 c.c. consenta ad una società di capitali di deliberare l’aumento a pagamento del proprio capitale in presenza di una perdita che non raggiunga il terzo.

Sono e rimangono fermi i seguenti riferimenti normativi:

- l’art. 2433 terzo comma c.c. (art. 2478 bis comma quinto c.c. per le S.r.l.), che prevede la impossibilità di ripartire utili nel caso in cui si sia verificata una perdita, fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente;

- il principio dell’art. 2438 c.c. (ripreso per le S.r.l. dall’art. 2481 secondo comma c.c.) , in base al quale non può eseguirsi un aumento di capitale fino a che le azioni precedentemente emesse non siano liberate;

- il contenuto precettivo degli artt. 2446 e 2447 c.c. (replicati per la S.r.l. dai nuovi artt. 2482 bis e 2482 ter c.c.) - in base ai quali: a) nel primo esercizio di rilevamento della perdita in misura superiore al terzo, l’assemblea è chiamata ad adottare “opportuni provvedimenti”; b) nel secondo esercizio di permanenza della perdita sopra al terzo, l’assemblea “deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate”; c) tuttavia, nel caso in cui la perdita abbia intaccato il capitale oltre il limite di legge, l’assemblea deve “deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo o la trasformazione della società”, salvi ovviamente lo scioglimento e la nomina dei liquidatori.

Secondo l’orientamento prevalente, soprattutto in giurisprudenza, sarebbe illegittima la delibera di aumento del capitale sociale, quando esso risulta diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, se non sia preceduta da delibera di copertura delle perdite. L’operazione di aumento adottata per mantenere nei limiti di guardia le perdite di esercizio, in tal caso si risolverebbe infatti nell’occultamento delle perdite già accertate.

Aderendo a questa impostazione parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che  l’aumento di capitale sarebbe illegittimo anche se deliberato in presenza di perdite inferiori al limite del terzo del capitale, in quanto varrebbe a rendere inoperanti gli articoli 2446 e 2447 c.c.. Secondo questa teoria l’operazione in questione determinerebbe l’utilizzazione dei nuovi mezzi finanziari non già per consolidare le capacità patrimoniali della società ma bensì per ridurre il deficit con mezzi diversi da quelli tassativamente indicati negli artt. 2446 e 2447 c.c., al fine di nascondere ai terzi le reali condizioni economiche della società.

Tuttavia l’orientamento prevalente è di contrario avviso.

Ai sensi del 2446 c.c. il legislatore ha indicato una soglia di sicurezza oltre la quale le perdite incidono sotto vari aspetti sulla vita della società: nessun ostacolo ad ammettere l’aumento del capitale quando la perdita è sotto la soglia del terzo del capitale. Anzi secondo alcuni la delibera di aumento del capitale sarebbe addirittura opportuna in quanto varrebbe a:

- ridurre l’entità della perdita;

- dotare la società di nuovi mezzi finanziari per una successiva e rapida ripresa;

- rafforzare la garanzia degli attuali creditori.

Si deve infine considerare che la reale situazione patrimoniale è comunque manifestata dal bilancio annuale, reso pubblico a norma di legge e dal rispetto dell’art. 2250 comma 2 c.c., non esiste un principio generale che vieti alla società in perdita di aumentare il proprio capitale e non può farsi discendere dal divieto di distribuzione degli utili in presenza di perdite né dal divieto di emissione di nuove azioni fin quando le vecchie non siano state interamente liberate.

 

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