GLI ENTI ECCLESIASTICI e LA LORO CAPACITÀ NEGOZIALE

 

Definizione

Mancando una definizione precisa di Ente Ecclesiastico sono stati adottati due criteri interpretativi in base ai quali sono tali:

- quelli che perseguono un fine di religione o di culto (criterio finalistico);

- quelli che sono sorti in forza di provvedimento canonico, quali quelli posti in essere dalla Chiesa o assorbiti da quest'ultima e regolati dal diritto canonico.

Gli ENTI ECCLESIASTICI, attualmente , possono raggrupparsi in sei categorie:

- ENTI ECCLESIASTICI appartenenti alla costituzione gerarchica della Chiesa (C.E.I./Regioni ecclesiastiche/Province ecclesiastiche/ Diocesi-Abbazie-Prelature/Capitoli/Parrocchie/Chiese);

- Istituti universitari/ Seminari/ Accademie/ Collegi per religiosi ed ecclesiastici;

- Persone giuridiche canoniche quali: Società di vita apostolica/ Associazioni pubbliche di fedeli e confederazioni

- Fondazioni (Istituti di sostentamento del clero/ Fondazioni autonome)

-Enti costituiti o approvati dall'Autorità ecclesiastica.

Fonti

1) Concordato Lateranense del 1929;

2) Art. 20 Costituzione;

3) Legge 206/85 e Legge 222/85.

Natura Giuridica

a) gli ENTI ECCLESIASTICI sono persone giuridiche private dotate di autonomia speciale in considerazione delle loro peculiarità, oggetto di specifica tutela dallo stato (dottr. e giurispr. prev.; Cass. 1990/1983/1985);

b) sono inquadrati nell'ampio genus degli Enti pubblici (dottr. tradiz.);

c) rappresentano un "tertium genus", in base all'art. 4 della L. 222/85, poiché sono disciplinati da tale legge e, per quanto non previsto da questa, dal codice civile (altra dottr.).

 

Legge 222/85 (Regolamento di esecuzione D.P.R. 33/1987)

Nel contesto della medesima L. é formulato espressamente il principio secondo il quale gli ENTI ECCLESIASTICI afferiscono alle confessioni religiose per quanto concerne la loro costituzione, funzionamento ed il regime delle autorizzazioni, ma agiscono nell'ordinamento giuridico italiano secondo le regole del diritto interno. Tale principio, dovuto dall'esigenza di contemperare l'esigenza di autonomia dell'ENTI ECCLESIASTICI e il rispetto di norme poste a tutela di interessi civilisticamente rilevanti, ha comportato l'obbligo di pubblicità nel Registro delle persone giuridiche degli ENTI ECCLESIASTICI, di modo che si rendano riconoscibile ai terzi prescrizioni statutarie difformi rispetto ai principi del diritto canonico.

L'art. 1, della legge in argomento, prevede la possibilità di riconoscimento (D.P.R. su proposta del Ministro dell'interno) per gli ENTI ECCLESIASTICI costituiti o approvati dall'Autorità ecclesiastica a condizione che abbiano sede in Italia.

Sotto il profilo strettamente notarile, vi é da segnalare come la capacità negoziale degli Enti della Chiesa cattolica, nonché degli Enti che fanno capo a confessioni che hanno stipulato intese con lo Stato, ex art. 8 Cost., sia subordinata all'iscrizione dell'Ente nel registro delle persone giuridiche (art.6 ) mentre per gli altri enti che non possono o non vogliono ottenere il riconoscimento si pongono problemi di individuazione della normativa applicabile.

L'iscrizione nel registro costituisce pubblicità costitutiva poiché,in effetti, la soppressione o estinzione dell'ENTI ECCLESIASTICI così come la revoca del decreto di riconoscimento (perdita di uno dei requisiti richiesti per il riconoscimento) per essere efficaci nei confronti dei terzi devono essere iscritti nel registro.

Rappresentanza dell'Ente

Il diritto canonico riconosce la rappresentanza al Vescovo per la Diocesi, al Parroco per la Parrocchia e al Rettore per i Seminari. Negli altri casi, quali le Associazioni di fedeli o gli Istituti religiosi, il codex non prevede i rappresentanti, di conseguenza bisognerà rifarsi ai rispettivi statuti.

Se dal registro delle persone giuridiche si può verificare chi sia il rappresentante legale e la data di assunzione dei poteri, il regime di disponibilità dei beni degli ENTI ECCLESIASTICI risulta solo dal codex!!!

Il Notaio, nel caso di ENTI ECCLESIASTICI quale parte contrattuale, dovrà verificare i poteri di chi interviene distinguendo tra potere deliberativo e di gestione e potere di rappresentanza.

Per le persone giuridiche private é sufficiente verificare il registro delle p.g. e richiedere la delibera dell'organo competente.

Per gli ENTI ECCLESIASTICI é più complesso poiché, oltre alla delibera degli organi canonicamente competenti, é necessario anche gli atti autorizzativi e di controllo delle Autorità gerarchicamente superiori. A tal proposito, per gli ENTI ECCLESIASTICI facenti parte della costituzione gerarchica della Chiesa lo Statuto é sostituito dal Decreto di erezione (che può essere integrato con dichiarazioni, contenenti ulteriori elementi costitutivi, da parte dell'Autorità ecclesiastica) dal quale risultano gli elementi essenziali quali la denominazione, la sede, natura ecc.

Per gli ENTI ECCLESIASTICI privi di uno statuto, approvato agli effetti civili, deve essere prodotta un’attestazione della Santa Sede o del Vescovo diocesano dal quale risultino gli elementi di funzionamento e di rappresentanza dell'Ente.

 

Alienazioni

 

La legislazione di derivazione concordataria in tema di enti ecclesiastici cattolici ha previsto espressamente la rilevanza civile dei controlli canonici sull'attività negoziale degli enti medesimi (art. 18, legge 222/85). Sorge la necessità per il notaio rogante (art. 54 reg. not.) di attivarsi per individuare se in concreto occorra, o meno, l'autorizzazione tutoria, e nell'affermativa richiederla ed allegarne il documento rappresentativo all'atto.

L'attività contrattuale degli enti ecclesiastici cattolici relativa ad immobili si atteggia in modo diverso a seconda che si tratti di atto di alienazione, ovvero di atto di acquisto.

Generalmente, per la validità delle alienazioni, il diritto canonico richiede l'autorizzazione (licentia) di un organismo tutorio.

 

Licenzia del Vescovo diocesano

Il termine «alienazione» deve intendersi in senso ampio, con l'inclusione quindi della permuta, della datio in solutum, del conferimento in società ecc., della divisione.

La licentia occorre ogni qual volta che il valore commerciale del bene superi la somma stabilita dal diritto canonico (can. 1291), e cioè:

·  dalla Santa Sede per gli enti di diritto universale;

·  dalla Conferenza episcopale per gli enti nazionali.

 

Quando, quindi, il valore dei beni da alienare sia tra la somma minima e quella massima (euro 250.000,00 – 1.000.000,00) stabilita dalla Conferenza episcopale, la licentia deve essere concessa, per gli enti non soggetti all'autorità del Vescovo diocesano, dall'autorità stabilita nei propri statuti, ed in mancanza dallo stesso Vescovo che deve premunirsi del parere obbligatorio e vincolante del consiglio per gli affari economici e del Collegio dei consultori, nonché degli interessati (can. 1292, 1). Ovviamente tale procedura dovrà seguirsi anche per la alienazione dei beni appartenenti ad enti soggetti direttamente all'autorità del Vescovo diocesano, e per i beni della stessa diocesi.

Al di sotto della somma minima nessuna licentia sarà richiesta per la validità dell'atto, che sarà deciso ed eseguito direttamente, senza alcun controllo, dal rappresentante dell'ente ecclesiastico il quale, però, dovrà premunirsi del parere del consiglio per gli affari economici, ove presente o analogo, ma la mancata acquisizione del parere, non produce effetti negativi per diritto civile.

 

Licentia Santa Sede

 

E’richiesta direttamente la licentia della Santa Sede, prescindendo del tutto dal valore «venale» del bene oggetto dell'atto, per i cd. «ex voto», cioè di quei beni donati per via di una «grazia ricevuta», beni per lo più mobili, e quindi difficilmente interessanti l'attività notarile, e per l'alienazione dei beni «o di oggetti preziosi di interesse storico artistico».

 

Enti dei “religiosi”

 

Agli enti «dei religiosi», ovvero agli istituti di vita consacrata, alle società di vita apostolica, alle congregazioni non si applica il limite minimo dei 250.00,00. Sicché, per quest'ultima categoria di enti, la licentia del superiore competente è necessaria qualunque sia il valore dell'atto, ferma restando la obbligatorietà dell'autorizzazione della Santa Sede per gli importi superiori a lire 1.000.000,00 (can. 638, 3). N.B. Quando è parte dell'atto un ente «dei religiosi» è bene farsi consegnare copia dello statuto.

 

Enti non riconosciuti

Per gli enti ecclesiastici non riconosciuti in persona giuridica, tale normativa opererà soltanto se il loro statuto faccia espresso riferimento alla normativa canonica, e sia stato pubblicizzato nelle forme di legge.

 

Enti per il sostentamento del clero

 

Per i beni alienati dagli Istituti diocesani ed interdiocesani per il sostentamento del clero: se il loro valore eccede la somma di euro 3.000.000,00 devono essere offerti in prelazione in ordine di priorità, allo Stato, al Comune, all'Università degli studi, alla Regione alla Provincia, tramite la notifica della proposta contrattuale al Prefetto competente per territorio, ai sensi dell'art. 37 della legge 222/85. Il mancato rispetto del suddetto obbligo, implica la nullità dell'atto stipulato in violazione (art. 37, comma 9, legge 222/85). In tale caso occorrerà, quindi, menzionare in atto il mancato esercizio della prelazione.

 

Formula: L'ente «...» come qui costituito e rappresentato dichiara di avere comunicato al Prefetto di (...) la proposta di vendita del bene oggetto del presente atto, contenente condizioni, patti e clausole identiche a quelle riprodotte nel presente atto, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 37 della legge 222/85.

La comunicazione suddetta è stata effettuata a mezzo ufficiale giudiziario (...) in data (...), rep. n. (...), ed è stata ricevuta in data (...).Dichiara altresì che dalla data di ricevimento della suddetta comunicazione, il Prefetto adito non ha comunicato nei sei mesi concessi dalla legge, l'ente avente diritto che intendesse esercitare il diritto di prelazione.

 

Vizi del provvedimento tutorio

 

E’ utile ricordare la previsione del can. 1292, 3 c.j.c., nel punto in cui dispone che per la alienazione delle cose divisibili, la licentia è nulla se non vengono indicate le parti già alienate in precedenza. Tale nullità, secondo l’A., non incide sulla validità dell'atto per diritto civile e l’analisi dei vizi dello provvedimento autorizzativi non può competere al Notaio rogante. E, infatti, la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dall'ordinamento canonico (vedi canone 1292) deve ritenersi dal Notaio rogante, in presenza del documento legittimativo, formalmente valido.

 

 

 

 

Formula

Rep. n. Racc. n.

VENDITA

REPUBBLICA ITALIANA

Il giorno di (...)

Innanzi a me dr. (...), Notaio iscritto al Collegio Notarile di (...) e residente in (...), con lo studio in

 SI SONO COSTITUITI

_ «...» ente ecclesiastico civilmente riconosciuto “…”con (...) decreto del Presidente della Repubblica avente sede in Italia, in (...) , Via (...) n. (...) Partita IVA o codice fiscale (...) iscritto nel registro delle persone giuridiche presso la Prefettura di (...) in persona del suo legale rappresentante pro - tempore (nome civile e nome religioso) domiciliato per la carica presso la suindicata sede, munito dei poteri necessari per la stipula del presente atto in virtù del vigente statuto dell'ente (ovvero: in base alla vigente normativa canonica) e dell'autorizzazione tutoria [rilasciata da (...) in data (...) che in originale (o in copia conforme) si allega al presente atto sotto la lettera «...»

e

- ...

Della cui personale identità e qualifica io Notaio sono certo e che avendo i requisiti di legge, d'accordo tra loro e col mio consenso, rinunziano all'assistenza dei testimoni al presente atto, con il quale stipulano e convengono quanto segue:

(...)

Si Premette[1] (...)

 

Profili urbanistici

 

Se oggetto dell'atto è un edificio di culto, ovvero una sua pertinenza, per la validità dell'atto occorre tenere presente che detti edifici costituiscono per diritto urbanistico «opere di urbanizzazione secondaria», e che quindi la loro realizzazione in difformità od in assenza di licenza edilizia, poteva essere sanata come «abusivismo di necessità». Sempre se oggetto dell'atto è un edificio di culto è bene ricordare che, ai sensi dell'art. 831 c.c., se risulta aperto al culto pubblico, la sua destinazione non può mutare neanche per effetto di alienazione.

 

 

Formula: Art. ...                                                                             

Ai sensi e per gli effetti della legge 47/85 (art. 46 T.U. 380/01) l'alienante (...) dichiara che l'immobile in oggetto è un «edificio di culto», inserito nel piano regolatore generale del Comune di (...), tra le opere di urbanizzazione secondaria della zona di (...), ed è stato costruito in virtù di concessione (licenza) edilizia n. (...) del (...)

Ed è conforme ai progetti approvati.

oppure

 Per le difformità è stata presentata domanda di sanatoria in data (...) prot. (...) al Comune di (...), e sono stati pagati per intero gli oneri concessori e le dovute oblazioni. Di detta domanda e dei relativi bollettini di versamento si allega copia certificata conforme. L'ente ecclesiastico acquirente, a mezzo del suo legale rappresentante, dichiara che l'immobile in oggetto sarà utilizzato per il soddisfacimento delle esigenze di culto della popolazione del Comune di (...) quartiere di (...), nel pieno rispetto della sua natura di opera di urbanizzazione secondaria.

 

Acquisti

 

Quando l'ente ecclesiastico acquista, è’ bene, però, allegare l'autorizzazione canonica, soprattutto per quei casi nei quali il pagamento del corrispettivo avvenga in modo dilazionato, o tramite l'accollo di un mutuo, oppure in «natura» (come nella permuta ove vi è anche una alienazione), così come nei negozi solutori come la dazione in pagamento.

Rimarrebbe, quindi, esclusa soltanto la vendita con corrispettivo pagato in contanti, senza dilazioni.

 

Formula:  Art. ...

L'ente ecclesiastico (...), come qui costituito e rappresentato, debitamente autorizzato come innanzi, con il presente atto accetta ed acquista la piena, assoluta ed esclusiva proprietà del seguente bene in (...) e precisamente (...).

Art. ...

Il prezzo della presente compravendita è stato convenuto e stabilito in lire (...)

Detto prezzo viene tramite accollo del mutuo concesso alla parte venditrice da (...) in data (...) a rogito notar(...)

per l'originario importo di lire (...)

garantito da (...)

del quale residua la somma di lire (...)

di cui lire (...) per somma capitale e lire (...) per interessi.

Il presente accollo è da intendersi (...)

L'ente ecclesiastico (...) acquirente, così come costituito e rappresentato accetta.

 

Sent. Cass. 1993, n.5418

 

In tale sentenza la Corte ribadisce il principio - già espresso in altra occasione (negli anni 69 e 70) - secondo il quale le norme canoniche  acquistano forza nell’ordinamento italiano in virtù del rinvio formale; di conseguenza, l’eventuale mancanza dell’autorizzazione può essere dedotta solo dall’ ENTI ECCLESIASTICI nel cui interesse è svolto il controllo e non anche dall’ altro contraente. E' stato rilevato, inoltre,  che con la Legge121/85 è stata soppressa ,  per lo Stato italiano , ogni  ingerenza  nell’amministrazione dei beni degli ENTI ECCLESIASTICI ormai sottoposta all’esclusivo controllo canonico ! (dopo abrogazione dell’art. 17 c.c. avvenuta con la L. 127/97 ).

- In riferimento agli eventuali effetti derivanti dalla mancanza dell’autorizzazione ( “licentia" e/o "consenso") per la stipula di atti di alienazione, da parte dei medesimi ENTI ECCLESIASTICI, la Cassazione, riferendosi alle “licentiae” canoniche, ricorda come queste ultime siano richieste dal codex  “ad valide alienande” ( per la validità del contratto). In effetti, per la formazione della volontà negoziale degli ENTI ECCLESIASTICI cattolici (iter complesso e differente rispetto a quello per gli Enti privati) sono, di regola, richieste una serie di autorizzazioni gerarchiche superiori previste dal codex.

A tal proposito, giova sottolineare l’importanza dell’art. 18 della L. 222/85 (riguardante la revisione del Concordato del 1929) che ha quale obiettivo il fatto di agevolare il terzo che contratti con l’ ENTI ECCLESIASTICI. In effetti, a norma dell’ art. 18, sarebbero opponibili ai terzi esclusivamente quei controlli canonici o limitazioni statutarie debitamente pubblicizzate (Registro delle persone giuridiche), in ossequio al richiamato principio dell’affidamento privato.

La L. 222/85 ha creato la figura degli “Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti”. 

A seguito di quanto sopra il terzo che si accinge a contrarre con un ENTI ECCLESIASTICI civilmente riconosciuto ha l’onere di attivarsi al fine di individuare l’esatto iter per la formazione della sua volontà negoziale.  In caso contrario, il medesimo, non potrebbe invocare a propria tutela la “buona fede” qualora l’ ENTI ECCLESIASTICI abbia adempiuto all’onere pubblicitario. Qualora, invece, l’ENTI ECCLESIASTICI non abbia provveduto a quest'ultimo onere scatterebbe l’inopponibilità al terzo di buona fede delle limitazioni statutarie. 

Quindi, nel caso mancasse un formale collegamento (quale il riconoscimento) con la Chiesa occorrerà verificare se esiste una espressa volontà degli associati di adottare quel sistema come regola dei loro rapporti. In tal caso il rinvio opera nei confronti dei terzi solo se è stato pubblicizzato come da Legge.

Le Associazioni ecclesiastiche non riconosciute e gli Enti non riconosciuti, ai sensi della 222/85, sono sottoposti al diritto canonico.

 

Natura giuridica della “licentia”

 

a) Un primo orientamento (prevalente in giurisprudenza e dottrina nonché quello preferibile) sostiene che sia qualificabile come atto autorizzativo ovvero atto di controllo necessariamente preventivo;

b)  Altro orientamento (parte di dottrina) ha sostenuto la possibilità di una “licentia” successiva al negozio, il quale nelle more sarebbe sospensivamente condizionato all'ottenimento della medesima. (tale orientamento, però, stravolgerebbe la ratio del controllo tutorio).

Seguendo l’orientamento prevalente, quindi, la mancanza della “licentia” (qualora richiesta) impedirebbe il regolare sorgere del negozio compiuto.

Pertanto, gli atti di straordinaria amministrazione effettuati dagli ENTI ECCLESIASTICI senza la relativa  licentia” devono ritenersi - per il diritto civile - “annullabili”, ex art. 1425 c.c, di conseguenza:

 

 - sono pienamente efficaci;

- sono convalidabili (art. 1444 c.c. dall’ ENTI ECCLESIASTICI con “licentia” ad hoc per la convalida);

- soggetti alla prescrizione quinquennale.

In definitiva, quindi, si propende per la invalidità dell’atto compiuto e non per la sua “inefficacia” poiché, quest’ ultima, si tradurrebbe in un rischio maggiore per il terzo contraente e per la certezza giuridica giuridica delle contrattazioni.

Occorre segnalare che la “licentia”, oltre ad essere necessaria per tutti gli atti di straordinaria amministrazione, è necessaria anche per quelle figure negoziali alternative al modo ordinario di formazione dell’accordo, quali il patto di opzione di vendita, il preliminare di vendita e la proposta irrevocabile di vendita.

Inerentemente alla contrattazione avente per oggetto beni immobili è per il Notaio:

a)      vietato ricevere atto senza “licentia” (art. 54 reg. Not.), qualora richiesta;

b)      fatto obbligo di allegare il documento autorizzativo all’atto medesimo, anche ai fini della trascrizione.

Importante sottolineare come la violazione di tali obblighi, però, non sembra comportare la violazione dell’ art. 28 della L. Not. trattandosi di atto meramente annullabile, il quale non appare come “espressamente vietato dalla legge” o contrario all’ordine pubblico o buon costume.

Il negozio annullabile, essendo pienamente efficace fino all’eventuale impugnazione e annullamento, comporta che sarà necessaria la “licentia” anche per la semplice rinuncia al diritto di impugnazione e, ovviamente,  per la transazione.

 

Tutto quanto sopra riportato non si applica, ovviamente, nell’ipotesi di "E.E imprenditore" e cioè alle attività svolte dal medesimo e qualificabili come economiche. Qualora, a contrario, dovessero ritenersi necessarie anche in tal caso le autorizzazioni canoniche - nell'ambito quindi della propria attività di impresa - significherebbe alterare il sistema della rappresentanza commerciale prevista dal legislatore che, in tali casi, prevede addirittura validi gli atti eccedenti l’ oggetto sociale nonostante lo statuto sia stato pubblicizzato(art. 2384 bis).

D.Lgs 460/97.

L'articolo 10, comma 7, consente agli ENTI ECCLESIASTICI riconosciuti dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, di acquisire la qualifica di ONLUS adeguando gli statuti all'articolo 10, comma 1, senza essere tenuti né a utilizzare la locuzione ONLUS, nella denominazione, né organizzarsi secondo criteri di democraticità.

Gli ENTI ECCLESIASTICI riconosciuti, in quanto tali, sono stati già oggetto di verifica da parte dello Stato relativa allo scopo perseguito: il loro oggetto essenziale deve essere l'attività di religione o di culto che, di per sé, non é certamente un’attività commerciale. Quest'ultima, di conseguenza, non può che essere solo connessa o strumentale rispetto all'attività principale. Qualora così non fosse, l'ENTI ECCLESIASTICI perderebbe la qualifica stessa di ENTI ECCLESIASTICI ancora prima di poter parlare di perdita di qualifica di ente non commerciale.

L'ENTI ECCLESIASTICI che svolge attività di impresa non é in alcun modo assimilabile alle società, poiché perseguirebbe il solo lucro oggettivo e non anche il cosiddetto lucro soggettivo che contraddistingue le società.

Così come risulta dal tenore letterale della normativa in vigore, gli ENTI ECCLESIASTICI non sono esclusi tassativamente dall'ambito delle ONLUS, non essendo menzionati nell'art.10,comma 10 e, comunque, non potevano neanche essere esclusi, essendo enti sicuramente non commerciali, ma non sono neppure riconosciuti ONLUS di diritto, stante la loro esclusione dall'elenco tassativo dell'art.10, comma 8 del D.lgs 460/97.

 

 

 

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[1] In tali atti è sempre buona norma inserire la «premessa narrativa», soprattutto al fine di ricostruire la natura giuridica dell'ente interessato. Difatti, la legittimazione del legale rappresentante varia per diritto canonico, a seconda del tipo di ente, così come la competenza per le autorizzazioni al compimento degli atti di straordinaria amministrazione. E'quindi importante richiamare in premessa:

- Costituzione dell'ente: Atto costitutivo, ovvero provvedimento costitutivo.

- Approvazione canonica dell'ente e dello statuto: decreto vescovile per gli enti diocesani, decreto della Sede Apostolica per gli enti extra-diocesi. Si ritiene, altresì, opportuno richiamare il rispetto delle condizioni richieste dal codex juris canonici (can. 1293) per la legittimità degli atti di alienazione degli enti ecclesiastici, ovvero:

a) una giusta causa, quale la necessità urgente, l'utilità palese, la pietà, la carità o altra grave ragione pastorale;

b) la stima della cosa da alienare fatta da periti per iscritto;

c) la menzione, se il bene è divisibile, se sono state alienate altre parti del medesimo in precedenza.