Istitutio ex re certa.

 

1. nozione, funzione e disciplina generale.

2. la volontà del testatore.

3. gli indici di riconoscimento della istitutio.

4. le due tesi sulla istitutio ex re certa e i relativi inconvenienti. Formula di Genghini.

5. la istitutio e i beni non inclusi nel testamento.

6. la istitutio e la divisione fatta dal testatore.

7. la istitutio e la revocazione delle disposizioni.

 

 

1. nozione, funzione e disciplina generale.

Mentre il primo comma del 588 fissa un criterio di carattere oggettivo, il secondo comma stabilisce un principio interpretativo soggettivo secondo cui “l'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio”.

Vi è quindi istituzione di erede non solo quando la quota è fissata numericamente (un mezzo, un terzo…) ma anche quando può essere successivamente determinata mediante la valutazione dei beni assegnati in proporzione all’asse relitto.

- La istitutio ex re certa presenta le seguenti caratteristiche:

a) innanzi tutto consiste in un lascito particolare in funzione di quota; qualsiasi forma di designazione aritmetica, indicante una quota astratta, implicherebbe lo spostamento della fattispecie nell'ambito della previsione del c. 1, consentendone la immediata qualificazione legale come disposizione a titolo universale;

b) tale quota viene determinata ex post al momento dell'apertura della successione, mediante una operazione meramente matematica che pone al numeratore della frazione il valore del lascito e al denominatore il coacervo dei beni relitti concernenti l'asse ereditario, o che il testatore si rappresentava esistente al tempo della assegnazione;

c) svolge infine un ruolo determinante la volontà del testatore al fine di determinare la disposizione quale legato o istitutio, e quindi erede.

 

- funzione : Il ricorso al cpv dell’art.588, d’altra parte, può essere voluto proprio nel caso di beni di difficile valutazione rispetto all’intero patrimonio, e che, peraltro, il testatore intenda attribuire esclusivamente e direttamente ad alcuni eredi: in tal caso la istitutio ex re certa rappresenta il mezzo tecnico adottato dal testatore per compiere la divisione; si verifica infatti contemporaneamente la vocazione di erede e l’apporzionamento divisorio.
Per questa ragione il cpv dell’art. 588 non è soltanto norma interpretativa del testamento, ma – secondo altra parte della dottrina - è anche norma dispositiva.

La disposizione si traduce in una disposizione a titolo universale ed attribuisce al beneficiario la qualità di erede con tutte le necessarie conseguenze in ordine al regime di responsabilità, al possesso, al modo di acquisto, salvo le differenze di cui di seguito ( art. 1146 trasferisce direttamente il possesso, art. 752 trasferisce i debiti ed i pesi ereditari, art. 533 attribuisce l’azione di petizione di eredità (e non l’azione personale ex art. 649), provoca ai sensi dell’art. 110 cpc la successione processuale).

 

2. la volontà del testatore.

Tale volontà incontra due ordini di limiti:

a) innanzi tutto non si può attribuire la natura di legato ad un lascito su di una quota o sull'intero asse. La volontà del testatore può operare soltanto in una direzione e cioè attribuendo natura di quota ad un lascito particolare. Tale volontà può essere desunta con qualsiasi mezzo anche esterno alla scheda testamentaria.

In mancanza di una diversa volontà, sulla scorta della nozione ricavabile dal c. 1 della norma in commento, l'attribuzione a titolo particolare costituirà un legato. D'altronde l'uso della formula "non esclude" consente di argomentare a contrario che l'indicazione di beni determinati, di regola, non permette di qualificare la disposizione a titolo universale.

b) Altro limite alla volontà del disponente è dato dalla necessità che l'attribuzione a titolo particolare abbia effetti reali e non obbligatori, in quanto l'attribuzione deve essere comunque considerata quota del patrimonio ereditario.

L'intenzione di assegnare un bene altrui in funzione di quota risulterà giuridicamente irrealizzabile, e, dunque, condurrà a disapplicare il capoverso della norma in esame, consentendo semmai la qualificazione del lascito come legato, della cui validità dovrà giudicarsi alla luce dell'art. 651 (legato di cosa altrui).

Si ritiene, tuttavia, valida l'attribuzione di un bene determinato, altrui al momento della redazione del testamento, se al tempo dell'apertura della successione il bene è di titolarità del testatore; in tal caso il lascito si qualificherà "retroattivamente come heredis institutio in re propria".

Ne consegue che l'interprete deve innanzitutto accertare l'intrinseca natura della disposizione, ossia se essa comprenda o meno l'universalità o una quota aritmetica dei beni del de cuius, ovvero se, essendovi un'indicazione di beni determinati, il testatore abbia considerato detti beni come tali oppure come quota del suo patrimonio.

Il ricorso ad altri elementi, come l'attribuzione meramente formale da parte del de cuius del titolo di erede o di legatario - la quale è priva di ogni rilevanza qualora contrasti con la intrinseca natura della disposizione testamentaria - può avere valore meramente sussidiario, per confermare cioè un convincimento raggiunto in base all'obiettiva consistenza della disposizione stessa.

Se, tuttavia, risulti che il testatore conosceva esattamente la precisa differenza giuridica tra le due diverse forme di disposizione, a titolo universale e a titolo particolare, in tal caso si pone un limite invalicabile all'indagine dell'interprete della scheda testamentaria.

 

3. Indici di riconoscimento della istitutio.

I tentativi volti a determinare la reale mens testantis non possono prescindere dalla considerazione delle conseguenze tipiche ricollegabili alla istituzione di erede, che vengono individuate, da un lato nella attitudine espansiva della quota e dall'altro, nella sopportazione del carico delle passività.

Quindi l'intenzione di assegnare beni determinati in funzione di quota dovrà ritenersi insussistente ogni qual volta risulti esclusa la responsabilità dell'istituito, ovvero venga limitata alla sola res l'efficacia acquisitiva del titolo.

Tutti gli altri elementi indicati dalla dottrina, quale il valore del lascito, i rapporti particolari (anche di parentela) tra l'istituito ed il de cuius, la conoscenza delle nozioni giuridiche relative alle diverse forme di disposizione, potranno costituire sintomi, non necessariamente decisivi, ai fini della qualificazione.

E’ stato osservato  che la sola adozione del criterio quantitativo non permette di stabilire quale sia stata l'effettiva voluntas defuncti, visto che il valore delle res certa finirà sempre per corrispondere a una quota, anche se non rilevante, del patrimonio relitto.

La giurisprudenza, ha avuto modo di affermare che può esservi istituzione ex re certa anche se i beni relitti non costituiscono una quota rilevante del patrimonio del testatore.

La Suprema Corte ha affermato, altresì, doversi ritenere disposizione a titolo universale:

a) l'attribuzione di tutti i beni mobili del de cuius;

b) la disposizione con la quale il testatore esaurisce il patrimonio ereditario, attribuendo tutti i beni mobili ad un chiamato e tutti i beni immobili ad un altro;

c) il lascito generico del residuo dei beni dopo il prelievo di quelli di cui si sia disposto in modo particolare, tuttavia è stato anche stabilito che l'istituzione di erede non può desumersi dal fatto stesso che l'oggetto del lascito rappresenta il residuo del patrimonio del testatore, quando ciò di cui il testatore abbia in precedenza disposto a favore di altri soggetti non ha una consistenza uniforme ed omogenea, per cui si possa agevolmente stabilire un rapporto di quota tra tali precedenti disposizioni e quanto costituisce oggetto dell'attribuzione testamentaria;

d) l'attribuzione fatta alla figlia cui il padre abbia lasciato metà di due cespiti determinati nonché ogni altra sua proprietà immobiliare;

e) la chiamata in tutti i beni di una determinata specie, che non costituiscano universalità, archivi o collezioni; essa può essere di per sé sola istituzione di erede, trattandosi non di lascito di cosa determinata, ma di una quota di patrimonio;

f) la disposizione con cui il testatore abbia lasciato a tutti i suoi figli, in quote uguali, un immobile il cui valore comprende per la quasi totalità il valore del compendio ereditario.

 

4. le due tesi sulla istitutio ex re certa e i relativi inconvenienti. Formula di Genghini.

a) Secondo un orientamento giurisprudenziale sarebbe un criterio interpretativo “dell’attribuzione che non qualifica erede il beneficiario”.

La giurisprudenza ritiene quindi che la istitutio sia cosa ben diversa dalla istituzione di erede e la vera istitutio ex re certa, è proprio un criterio interpretativo che rientra pienamente nella lettera dell’art. 588, 2° c. (lascio a …), fattispecie diversa dal primo comma; si differenzia infatti per la preventiva istituzione di erede che non c’è nella istitutio.

b) Secondo un’altra interpretazione, invece, l’istitutio è una istituzione di erede per relationem , ossia “un’attribuzione a titolo di eredità”, ed è quindi l’istituzione di erede mediante l’attribuzione di beni determinati.

Come formula quindi è consigliabile utilizzare una espressione neutra che riprende la dizione del codice: ““Assegno ai sensi dell’art. 588, 2° c., a … a titolo di quota i seguenti beni” (non dobbiamo utilizzare né la parola erede nè attribuire una quota precisa perché attribuire una quota altro non significa che istituire erede).

Il primo inconveniente se facciamo l’istitutio consiste nella circostanza che dobbiamo anche preoccuparci di disciplinare la restante quota di eredità e scrivere: “… (istituzione degli altri eredi per la restante quota di patrimonio)”, che anch’essa potrà essere determinata solo ex post, una volta determinata l’istitutio ex re certa. L’inserire infatti in un testamento una istitutio, di cui nel momento della redazione non conosco la quota, non mi permette di fare con sicurezza altre istituzione di eredi in quote determinate dal momento che le quote che determino quando redigo il testamento potrebbero poi”saltare” con la determinazione ex post della istitutio.

Il secondo inconveniente dell’istitutio riguarda poi il valore della quota attribuita perché anche riguardo a questo aspetto non c’è uniformità di opinioni.

- Tesi 1 preferibile : Secondo l’opinione preferibile il valore sarà determinato dal rapporto tra il valore che i beni avranno al momento dell’apertura della successione e il valore sempre in quello stesso momento dell’intero asse ereditario.

Solo, quindi, al momento dell’apertura della successione si ricava a quanto corrisponde la quota di eredità attribuita.

- Tesi 2 :Altri, invece, dicono che si deve aver riguardo al valore dei beni al momento in cui è stato fatto il testamento perché, attraverso una argomentazione puramente logica, si dice che se il testatore quando ha fatto il testamento aveva due beni uguali è in quel momento che le ha volute istituire eredi un parti uguali, e non può sapere il valore che i beni avranno al momento dell’apertura della successione.

Insomma, per individuare il valore della quota attribuita mediante institutio ex re certa, il rapporto va fatto tra il valore dei beni e quello del patrimonio con riferimento al momento in cui è stato fatto il testamento.

- Tesi 3 (Cian-Trabucchi): secondo cui la determinazione della quota sarà fatta con riferimento al patrimonio esistente al momento del testamento, ma il valore dei beni determinati attribuiti deve essere valutato al momento dell’apertura della successione.

Pertanto si consiglia la formula : “… (eventuali criteri in base ai quali determinare il valore della quota)” perché non c’è ombra di dubbio che facendolo stabilire al testatore nessuno ci potrà dire niente per cui basterà aggiungere che le modalità di determinazione della quota vengono decise direttamente dal testatore per cui in base ad esse sarà determinata la quota al momento dell’apertura della successione.

Il terzo inconveniente dell’istitutio consiste se nell’asse ereditario cui va rapportata la quota rientrano o meno anche i beni sopravvenuti (eventuali).

Il problema dei beni sopravvenuti nel caso dell’istitutio è molto dibattuto perché secondo alcuni per detti beni si apre la successione ex lege, per altri invece non si apre nessuna successione legittima e i beni rientrano nella quota lasciata come istitutio.

 FORMULA: “Assegno ai sensi dell’art. 588, 2° c., a ……. a titolo di quota i seguenti beni …, quota che sarà determinata secondo i seguenti criteri … (indicazione dei criteri di determinazione della quota secondo la volontà del testatore)” ed inoltre “… (eventuale istituzione di erede per la restante quota)” ed ancora “… (eventuali disposizioni per il caso in cui ci siano al momento dell’apertura della successione beni sopravvenuti ed eventuali disposizioni per il caso in cui i beni attribuiti non  facciano più parte dell’asse ereditario)”

 

5. la istitutio e i beni non inclusi nel testamento.

Mentre nell’istituzione di erede vera e propria, tutto ciò di cui non si è disposto viene al momento dell’apertura della successione automaticamente attribuito all’erede, è discusso se anche la istitutio  abbia una capacità espansiva rispetto ai beni non assegnati.

Al riguardo è possibile distinguere due posizioni diverse:

a) i beni vanno agli eredi testamentari in proporzione delle quote determinate ex post (come fosse una vera istituzione di erede) perché essendo quota di eredità non può mancare una sua qualità essenziale quale la forza espansiva rispetto ai beni non assegnati;

b) i beni vanno solo agli eredi legittimi perché l’istitutio, oltre a determinare la quota, vale anche a determinare il limite dell’attribuzione, con la conseguenza che sui beni di cui il testatore non ha disposto, si aprirà la successione legittima.

Tuttavia se gli eredi testamentari (ex 588 comma2) rivestono anche la qualità di eredi legittimi, parteciperanno anch’essi, me nelle proporzioni stabilite dalla legge per le successioni legittime.

 

6. la istitutio e la divisione fatta dal testatore.

L'istitutio ex re certa svolge una funzione di carattere divisionale; essa costituisce infatti uno strumento attraverso il quale è possibile una composizione della quota dell'erede.

Al riguardo si fronteggiano tre tesi:

 

a) teoria della necessaria predeterminazione della divisione:

una prima tesi afferma che la divisione ex 734 presuppone necessariamente la predeterminazione delle quote mentre nella istitutio non si ha predeterminazione di quote che saranno determinate solo ex post. 

Questa tesi nega la configurabilità di una divisione testamentaria attraverso un fascio di istitutiones ex certis rebus, sulla base della incompatibilità della mancata predeterminazione di quote con lo stesso concetto di divisione; divisione che invece, presuppone una attribuzione di valori secondo una proporzione prestabilita.

Si ritengono pertanto inapplicabili all'istituto in esame gli artt. 735 e 763comma 2.

 

b) teoria della non necessaria predeterminazione della divisione e della unicità degli istituti.

Ammettendo la possibilità di avere un 734 senza predeterminazione di quote, secondo la teoria preferibile, le due fattispecie si pongono in rapporto di genus (588) a species (734): infatti il 734 non sarebbe altro che un’ipotesi applicativa del 588 comma 2 perché quando la divisione è senza predeterminazione di quote, attuando un’attribuzione in funzione di quota, è una manifestazione del 588 comma 2 , norma di carattere interpretativa. Più precisamente il 588 qualifica, mentre il 734 regola .

 

c) teoria della preventiva istituzione di erede (Capozzi).

Sempre ammettendo la possibilità di avere un 734 senza predeterminazione di quote, il criterio distintivo consisterebbe nella previa istituzione ereditaria nel 734. in particolare la differenza consiste nella inoperatività nel 588 comma 2 della nullità per preterizione di eredi istituiti ex 735.

Sussiste, pertanto, una stretta correlazione tra l'assegno divisionale qualificato e l'istitutio ex re certa; mentre il primo presuppone come già risolto il problema della qualificazione in termini di eredità, la seconda fattispecie implica invece un esame della volontà del testatore.

Solo infatti nella divisione ex 734 è necessaria la preventiva istituzione di erede che manca, per definizione, nella istitutio.

- Taluna dottrina rileva come non bisogna sopravvalutare la funzione divisoria dell'istitutio ex re certa in quanto, nel caso di una unica attribuzione particolare in funzione di quota, non si comprende come possa sussistere una comunione da dividere [Ieva].

- Svolgendo una funzione divisoria non troverà applicazione, in caso di attribuzione particolare in funzione di quota in favore di un legittimario, il divieto previsto dall'art. 549, che fa salva l'applicazione delle norme in materia di divisione.

 

7. la istitutio e la revocazione delle disposizioni.

 

Discussa è anche l’ipotesi in cui il testare abbia alienato il bene che formava oggetto della istitutio.

 

a) Teoria della permanenza.

Secondo questa tesi non si ha revocazione della disposizione e quindi l’istitutio continuerebbe a avere effetto, al contrario di quanto stabilito in tema di legato ex 686.

Questo  per il principio di tassatività delle figure di revoca tacita e l’inapplicabilità per analogia del 686 dettato solo per il legato.

Oggetto infatti della disposizione non sarebbe il bene indicato in sé ma la quota risultante dal rapporto tra il bene e il restante patrimonio.

 

b) Teoria preferibile della caduta della istituzione.

La quota della istitutio si può determinare solo al momento della apertura della successione se i beni attribuiti sono presenti nell’asse.

L’alienazione quindi della res certa porterà a una inefficacia parziale o totale della istituzione.

Si ammette inoltre la parziale estensione analogica dell’art. 686, stante comunque le forti affinità tra l’istitutio e il legato (trattandosi entrambi di disposizioni di bene specifico) .

 

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