Assegnazioni non proporzionali di azioni rispetto ai conferimenti nelle S.p.a.

 

1.       Assegnazioni di azioni non proprozionali

L’art. 2346 comma 4 prevede che a ciascun socio spetti un numero di azioni proporzionale alla quota di capitale sottoscritto e per un valore non superiore a quello del suo conferimento, salvo che lo statuto non preveda una diversa assegnazione delle azioni.

Oltre all’art. 2346 anche altre disposizioni fanno riferimento ad una assegnazione non proporzionale: l’art. 2468 comma 2 in tema di SRL (norma simmetrica al 2346), l’art. 2343 che prevede in tema di riduzione del capitale  per revisione della stima dei conferimenti che prevede si possa determinare una diversa distribuzione della azioni tra i soci.

Tuttavia la possibilità di assegnazioni non proporzionali incontra un limite preciso nel comma 5 art. 2346 secondo cui in nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Si ritiene inoltre che il principio di parità di trattamento tra i soci e il divieto del patto leonino siano principi generali applicabili anche a questa fattispecie.

Prima di andare ad esaminare le varie teorie e ricostruzioni proposte dalla dottrina, occorre precisare che:

-          Conferimento si intende la prestazioni eseguita o promessa dal sottoscrittore in sede di costituzione della società o aumento del capitale;

-          Sottoscrittore (di una frazione del capitale sociale) è colui che si obbliga a liberare le azioni che rappresentano quella frazione di capitale, eseguendo il relativo conferimento. Mentre prima della Riforma esisteva una corrispondenza tra sottoscrizione, conferimento ed assegnazione, così che il n. di azioni che ci si obbligava a liberare era necessariamente lo stesso n. di azioni che venivano assegnate al socio, oggi con la possibilità di conferimenti non proporzionali non esiste più uesta precisa corrispondenza.

 

2.       La tesi della non proporzionalità tra conferimenti e sottoscrizione

Proprio la possibilità di una diversa clausola nello Statuto rispetto alla regola generale della proporzionalità tra conferimento ed azioni assegnate, permette una valorizzazione personale e convenzionale dei conferimenti, aprendo le porte ad una assegnazione non proporzionale, distaccandosi quindi dal valore oggettivo del singolo conferimento.

Una prima tesi quindi interpreta l’art. 2364 in termini di non proporzionalità tra azioni sottoscritte ed assegnate con il conferimento promesso. L’elemento quindi che è possibile rendere autonomo ai fini di una valutazione pattizia è il conferimento stesso. Pertanto la quota di capitale sottoscritta continua a coincidere con il numero di azioni assegnate, mentre il 2346 inciderebbe unicamente sulla valutazione del conferimento.

A questo punto nasce l’esigenza di qualificare in termini giuridici quanto conferito “in più” nella ipotesi di conferimenti non proporzionali. La tesi in esame qualifica questa differenza come “sovraprezzo”, che avrebbe la funzione di compensare il minusvalore relativo alla partecipazione degli altri soci rispetto alla quota di capitale assegnata. Tuttavia parte della dottrina ha sottolineato come questa definizione di sovraprezzo non corrisponda a quanto si intende in senso tecnico dello stesso, ossia come quella parte del patrimonio in più rispetto al capitale sociale perché nel caso preso in esame concorre inscindibilmente a formare e rappresentare solo il capitale.

Chi aderisce tuttavia alla qualificazione del plusvalore conferito come sovraprezzo, ne fa discendere un importante corollario per cui in sede di sottoscrizione della quota il sovraprezzo dovrà essere versato integralmente, non essendo sufficiente il solo versamento dei decimi dovuti. In questo modo si eliminerebbe alla radice il problema della responsabilità delle azioni assegnate in misura non proporzionale che graverebbe quindi solo su chi ha promesso il conferimento più che proporzionale.

Un altro problema che nasce dalla conferimento non proporzionale alle azioni assegnate, riguarda l’eventualità e la possibilità che, nella ipotesi di conferimento meno che proporzionale, vengano emesse azioni sotto la pari, ossia per un prezzo al di sotto del loro valore nominale, con evidente contrasto con la II Direttiva che vieta espressamente l’emissione sotto la pari. Al riguardo tuttavia attenta dottrina ha evidenziato come nella ipotesi di conferimenti non proporzionali, lo stesso concetto di emissione sotto la pari subisca degli adeguamenti, nel senso che saranno vietati solo in una valutazione complessiva del capitale sociale.

 

3.       La tesi preferibile della non proporzionalità rispetto all’assegnazione delle azioni

Altra parte della dottrina ha evidenziato invece come il divieto di sopravvalutazione dei conferimenti deve essere osservato non solo in relazione ai conferimenti globalmente considerati ma anche rispetto al singolo conferimento, con la conseguenza che la non proporzionalità non sarebbe riferita ai conferimenti ma alla conseguente assegnazione delle azioni.

Vi sarebbe pertanto una necessaria proporzionalità tra quota di capitale sottoscritta e conferimento dovuto, mentre solo in sede di assegnazione delle azioni potrebbe aversi una diversa proporzione.

Si è rilevato infatti che l’art. 2364 non faccia alcun riferimento alla disciplina del  sovraprezzo e il ricorso a quest’ultima figura potrebbe avvenire se non con una evidente distorsione delle finalità e della disciplina stessa del sovraprezzo.

La corretta ricostruzione della fattispecie in esame pertanto deve percorrere una strada diversa rispetto quella del sovraprezzo e a tal fine, è necessario individuare con precisione chi possa definirsi responsabile per le azioni sottoscritte da un socio ma liberate da un altro.

Si riscontrano al riguardo due differenti tesi, a seconda di cosa si intenda oggi per sottoscrizione:

-          T1) è possibile la sottoscrizione in proprio di azioni liberate da altri, così che il beneficiario dell’assegnazione proporzionata sarà sottoscrittore mentre responsabile in primis del conferimento di queste sarà un altro socio, non potendosi escludere tuttavia la responsabilità del primo nella ipotesi di insolvenza del secondo;

-          T2) Vi deve essere necessaria correlazione tra sottoscrizione, conferimento e responsabilità così che seppure parte delle azioni saranno intestate ad altri, sottoscrittore e responsabile sarà unicamente il socio che si è obbligato al conferimento più che proporzionale.

Il 2364 ha spezzato i legami tra sottoscrizione, conferimento ed assegnazione; tuttavia dalla stessa lettera della norma sembra chiaro che è la sola assegnazione delle azioni che oggi può avvenire in modo non proporzionale, con la conseguenza che vi dovrà comunque essere proporzionalità tra sottoscrizione e conferimento, così come evidenziato dalla T2).

Pertanto nella ipotesi di conferimento non proporzionale e relativamente alla plusvalore di azioni rispetto al conferimento, sottoscrittore del plusvalore sarà il socio che si sarà obbligato ad eseguire i conferimenti (più che proporzionali) e non il beneficiario.

L’adesione a questa tesi ha importanti ripercussioni in tema di responsabilità in caso di circolazioni delle azioni, morosità del socio e obbligo a liberare le suddette azioni più che proporzionali, con conseguente esclusione della responsabilità del socio beneficiario della assegnazione più che proporzionale (e di conseguenza anche del suo eventuale acquirente).

Ad escludere che detto beneficiario possa ritenersi responsabile, anche solo a titolo sussidiario, della liberazione delle azioni assegnate in più concorrono due considerazioni, e precisamente:

-          Lo stesso art. 2346 comma 4, ammettendo la non proporzionalità tra conferimenti ed azioni assegnate, ribadisce che la responsabilità del beneficiario è limitata  al solo conferimento promesso da questo, ritenendo che la norma non abbia inciso in tema di responsabilità del socio per i conferimenti promessi ma ammettendo solo la possibilità di assegnazioni non proporzionali.

-          La ratio sottesa a questa innovazione consiste inoltre nel permettere l’ingresso in società di persone che apportino beni od utilità anche non imputabili al capitale, e pertanto tale finalità verrebbe frustrata ammettendo una responsabilità del socio, seppure in via solidale e sussidiaria, per la liberazione di azioni così ottenute.

Tuttavia il beneficiario di assegnazioni più che proporzionali, pur non essendo obbligato alla liberazione del plusvalore assegnatogli, potrebbe comunque avere interesse ad evitare le conseguenze negative derivanti dalla mancata liberazione delle azioni a lui assegnate, ed in particolare dalla impossibilità di votare in assemblea fino all’annullamento delle stesse. Nella ipotesi pertanto di suo pagamento ricorrerebbe la figura dell’adempimento del terzo ex 1180, con possibilità quindi per quest’ultimo di agire in regresso nei confronti del vero obbligato, ossia di colui che ha promesso il conferimento più che proporzionale.

Aderendo inoltre a quest’ultima tesi sarà inoltre possibile la sottoscrizione di azioni con l’obbligo di conferimenti più che proporzionali , con l’onere di versare contestualmente solo i relativi decimi (oggi 25%) senza necessità di applicare la disciplina del sovraprezzo.

 

4.       Ipotesi particolari: beneficiario non conferente e conferente non assegnatario.

I dubbi sulla liceità della figura del cd. beneficiario non conferente, ossia di un soggetto che riceve un certo n. di azioni senza effettuare nessun tipo di apporto in società, nemmeno di patrimonio, sono dovuti al possibile contrasto con il divieto del patto leonino ex 2265, poiché non conferendo alcunché sarebbe automaticamente escluso da ogni perdita.

Tuttavia parte della dottrina ritiene che tale operazione sia possibile, né ricada nel divieto di cui all’art. 2265 in quanto questa norma è stata dettata per un corretto esercizio del potere di gestione del socio dal momento che il socio che non potrebbe subire perdite sarebbe più indotto ad intraprendere operazioni rischiose. Se questa è la ratio della norma, non sarebbe vietato ex se l’acquisto gratuito (senza alcun onere) della partecipazione; il divieto sarebbe violato se determinate azioni sono escluse dagli utili o dalle perdite, a prescindere quindi dal modo in cui sono state sottoscritte dal socio.

Chi ammette pertanto la possibilità di soci, che nulla abbiano conferito in società, ammette anche la costituzione di una società in cui, pur venendo  assegnate azioni a più soci, l’obbligo di liberare l’intero capitale gravi solo su di uno di essi.

Se tuttavia questa soluzione resta valida nella ipotesi che l’intero capitale venga integralmente e contestualmente liberato, uguale risposta non può invece darsi nella ipotesi in cui l’unico socio non proceda alla contestuale ed immediata sottoscrizione, poiché si avrebbe una situazione per molti aspetti simile al conferimento di un credito (che costituisce il capitale iniziale della società), ma che sfuggirebbe alla relativa disciplina di valutazione di stima.

 

5.       Assegnazione non proporzionale in sede di aumento.

Il problema nasce dalla circostanza che, seppure l’aumento oneroso presenta forti analogie con la disciplina della costituzione della società, l’art. 2346 comma 4 non viene mai richiamato in tema di aumento a pagamento.

La dottrina prevalente tuttavia afferma la possibilità di procedere ad un conferimento non proporzionale anche in sede di aumento per la sostanziale omogeneità delle due discipline.

Bisogna tuttavia rispettare alcuni accorgimenti. L’art. 2346 comma 4 prevede infatti che lo Statuto preveda la possibilità di conferimenti non proporzionali; ove questa circostanza non sia riscontrabile, bisognerà procedere preventivamente alla modifica dello Statuto, per poi deliberare il suddetto aumento.

L’assegnazione  non proporzionale coinvolge poi necessariamente il diritto di opzione dei soci coinvolti, ed in particolare di tutti i soci che riceveranno una partecipazione meno che proporzionale rispetto alla propria partecipazione originaria: in tale ipotesi ben si potrebbe configurare una parziale (o totale) rinuncia al diritto di opzione, che richiederà necessariamente il consenso del socio interessato.

Per tali motivi appare opportuno procedere in questi casi ad una delibera alla unanimità, uti singoli, tale da poter giustificare ogni atto modificativo/dispositivo del proprio diritto d’opzione.

Tuttavia vi è una profonda differenza tra assegnazione non proporzionale (che è un atto assembleare) e cessione del diritto di opzione (che è invece atto negoziale): in quest’ultima ipotesi sarà il cessionario a dover liberare le azioni sottoscritte, mentre nella ipotesi del 2346 comma 4 il beneficiario non sarà responsabile per il quid pluris attribuitogli.

Pertanto se appare opportuno richiedere sempre l’unanimità in siffatte ipotesi, ai fini dell’applicazione del 2346 comma 4 sarà sufficiente anche una deliberazione presa a maggioranza, con l’accortezza di tutela re sempre coloro che vogliono mantenere inalterata la propria partecipazione, che è loro diritto insopprimibile.

Bisognerà poi verificare la compatibilità di una siffatta deliberazioni con la presenza di eventuali clausole presenti nello Statuto che limitino i trasferimenti tra i soci, con l’esercizio di un eventuale diritto di prelazione, dal momento che sicuramente l’ipotesi qui esaminata ricade nell’ambito di operatività di siffatte clausole.

 

6.       Trasferimento delle partecipazioni più che proporzionali.

Infine occorre evidenziare i rapporti che intercorrono tra 2346 comma 4 e 2356 che disciplina il trasferimento di partecipazioni societarie e prevede una responsabilità per l’alienante (oltre che dell’acquirente) per i conferimenti non integralmente liberati per i 3 anni successivi dall’annotazione nel libro soci. Secondo la tesi sopra sostenuta, il socio beneficiario non risponde della plusvalenza a lui assegnata e pertanto nemmeno nella ipotesi di cessione della partecipazione potrebbe risponderne ad alcun titolo. Resta ferma quindi, anche nella ipotesi di cessione di azioni, la responsabilità del socio che si è obbligato al conferimento più che proporzionale (salvo appositi accordi interni come un eventuale accollo), con la precisazione che qualora vi dovesse adempiere il cessionario per non incorrere nelle sanzioni derivanti dalla morosità, si dovrebbe analogamente configurare un adempimento del terzo ai sensi dell’art. 1180, con conseguente diritto di rivalsa nei confronti dell’obbligato principale.

  

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