La natura, disciplina delle azioni e le varie categorie.

 

Le azioni.

 

Le azioni rappresentano la quota di partecipazione di ciascun socio nella società,  intesa come la posizione contrattuale complessiva del soggetto nei confronti della società e degli altri soci , ossia il cd. status socii.

L’azione è infatti la frazione minima ed indivisibile, ciascuna uguale all’altra,  in cui il capitale sociale è suddiviso, e la quantità di azioni da ciascuno posseduta misura i diritti patrimoniali ed amministrativi dei soci. L’azione indica infine il contenuto del documento che incorpora la partecipazione del socio che è denominato titolo azionario.

Caratteristiche principali delle azioni sono la loro uguaglianza, omogeneità, autonomia, indivisibilità, la libera trasferibilità (salvo diversi accordi statutari), e sono generalmente rappresentate da certificati destinati a circolare secondo la disciplina dei titoli di credito.

L’art. 2348 stabilisce espressamente che le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti, dal momento che ciascuna azione costituisce una uguale frazione del capitale sociale.

Quanto alla uguaglianza delle azioni e dei relativi diritti che queste attribuiscono, la dottrina ha sottolineato come si tratti di una uguaglianza formale e non sostanziale, in quanto chi possiede una partecipazione di controllo non solo ha un potere proporzionalmente maggiore ma ha il controllo della società ( quindi con propri poteri ,obblighi e divieti).

Si tratta inoltre di una uguaglianza:

-          relativa e non assoluta, in quanto è possibile creare categorie di azioni fornite di diritti diversi;

-          oggettiva e non soggettiva, in quanto se è vero che ogni azione singolarmente considerata attribuisce uguali diritti, in realtà ciascun azionista dispone di diritti in proporzione al numero complessivo di azioni.

Vi sono tuttavia diritti che non dipendono dal numero di azioni possedute (d. di intervento, di esame o di denuncia al coll. Sindacale) o diritti che spettano solo a chi sia titolare di una certa partecipazione minima (d. chiedere convocazione o denuncia al tribunale).

La disuguaglianza soggettiva degli azionisti non costituisce una deroga al sistema ma la facoltà di incidere sulle decisioni e sulla vita della società, nonché di partecipare ai vantaggi economici conseguiti è direttamente proporzionale al grado di rischio assunto, espressione del principio della proporzionalità tra rischio e potere.

Altra caratteristica delle azioni è il principio di autonomia delle stesse, così che il possessore può esercitare per ogni titolo posseduto i diritti che esso attribuisce in modo autonomo, anche eventualmente in maniera differente. Vi sono tuttavia diritti che, per ragioni logiche e strutturali non possono essere esercitati in modo autonomo e differente, quali il diritto di intervento o di denuncia.

Fortemente discussa è la ammissibilità del voto divergente, possibilità da alcuni negata perché esprimerebbe una volontà contraddittoria e creerebbe gravi problemi ai fini della impugnazione dal momento che, pur approvando la delibera, basterebbe esprimere con parte delle proprie azioni un voto contrario per riservarsi sempre un potere di impugnazione. Attenta dottrina ammette entro certi limiti la possibilità di un voto divergente, come corollario del principio della autonomia delle azioni, qualora corrisponda ad esigenze ed interessi del socio meritevoli di tutela e sia esercitato coerentemente al principio di correttezza. Si sottolinea inoltre che non sarebbe sufficiente per il socio votare con una sola delle azioni possedute contro la deliberazione per precostituirsi il diritto di impugnare la delibera stessa, dal momento che oggi l’art. 2377 richiede il superamento di una frazione minima (5%)del capitale sociale.

Dalla caratteristica dell’indivisibilità delle azioni di cui all’art. 2347, la dottrina desume anche il principio di inscindibilità, ossia il divieto sia per i soci sia per la società (a differenza della indivisibilità con op. di raggruppamento /frazionamento) di scomporre le diverse situazioni giuridiche comprese nella partecipazione. Il socio non può cedere a terzi i diritti e le facoltà connesse alla partecipazione societaria, che costituisce un rapporto unitario e non la somma di più rapporti, garantendo una corrispondenza tra diritti patrimoniali e diritti amministrativi , ossia tra “rischio” e “potere” che caratterizza la partecipazione societaria.

Questo discorso non può tuttavia essere fatto per quei diritti, generalmente di natura patrimoniale, che in seguito ad una delibera societaria assurgono a ruolo di autonomi diritti soggettivi e sono quindi autonomamente gestibili (d. alla distribuzione degli utili o d. di opzione).

Inoltre ciò ha rilevanza non tanto sulla validità ed efficacia del negozio traslativo che opera la separazione quanto nei confronti della società.

Al riguardo infatti lo stesso legislatore mostra un atteggiamento di grande flessibilità disciplinando all’art. 2352 ipotesi più o meno intense di separazione.

Lo statuto può escludere l’emissione dei relativi titoli o prevedere l’utilizzazione di tecniche diverse di legittimazione e circolazione.

La eventuale mancanza emissione dei titoli incide soprattutto sulla disciplina della circolazione che, salvo deroghe statutarie, finisce con il coincidere con quella della cessione del contratto. La qualità di azionista è comunque attestata dalla iscrizione nel libro dei soci.

E’ inoltre possibile, anche per le società non quotate, ricorrere al regime della dematerializzazione volontaria. 

Con la riforma del 2003 le azioni non rappresentano più l’unico possibile strumento di partecipazione ad una Spa, essendo oggi riconosciuta la possibilità di emettere strumenti finanziari dotati di particolari diritti patrimoniali ed amministrativi.

Il valore nominale delle azioni è la parte del capitale sociale che ciascuna azione rappresenta ed esprime in cifra monetaria. Pertanto questo valore deve essere identico per tutte le azioni emesse e può essere variato solo mediante una modificazione dello statuto con operazioni sul capitale o sulle azioni stesse. E’ tuttavia possibile che una società, al fine anche di semplificare eventuali operazioni sul capitale, emetta azioni senza valore nominale, operazione che deve necessariamente interessare tutte le azioni in circolazione in quanto le azioni senza valore nominale non costituiscono una speciale categoria. In realtà anche in questa ipotesi, seppure non  indicato, il valore nominale esiste ed è individuabile nel rapporto tra ammontare del capitale sociale e numero complessivo dei titoli.

Al contrario il valore reale delle azioni è in funzione del patrimonio, consistendo quindi nel rapporto tra patrimonio netto complessivo e numero delle azioni emesse. A differenza quindi del valore nominale questo è variabile e legato alle vicende economiche della società, la cui misura è periodicamente determinata attraverso il bilancio di esercizio.

Il principale diritto di natura patrimoniale che le azioni attribuiscono è il diritto agli utili. Tuttavia il conseguimento degli utili è subordinato non solo a che gli utili siano effettivamente conseguiti e risultino da un bilancio approvato, ma è necessario che l’assemblea deliberi, con una ulteriore manifestazione di volontà, la distribuzione degli utili tra i soci. Prima di tale momento non vi è ancora un diritto del socio al conseguimento degli utili, ma solo una semplice aspettativa, che può essere sacrificata per il preminente interesse della società ad auto finanziarsi. In ipotesi di cessione della partecipazione azionaria, il dividendo è da attribuirsi al soggetto che riveste la qualità di socio nel momento in cui la delibera di distribuzione è approvata.

Si discute se le azioni di una spa acquistate a seguito dell’esercizio del d. di opzione cadano in comunione legale ai sensi dell’art. 177 a) oppure siano accessorie alle vecchie azioni possedute, e quindi siano beni personali.

Si ritiene che il normale acquisto di partecipazioni di società di capitale cadono in comunione legale ma deve escludersi l’opponibilità alla società dell’acquisto automatico a favore del coniuge; in particolare l’automatica caduta in comunione delle partecipazioni intestate ad un solo coniuge avrà rilevanza meramente interna fin quando la contitolarietà del coniuge non sia stata fatta valere nei confronti della società mediante la cointestazione dei titoli e la nomina del rappresentante comune. (Si ritiene inoltre che il coniuge a tal fine possa anche ricorrere al giudice ai sensi dell’art. 2932).

Nella ipotesi di aumento di capitale bisogna invece distinguere tra aumento gratuito ed aumento oneroso.

Quanto all’aumento gratuito si ritiene che le nuove azioni saranno personali, in quanto non derivano da nessun nuovo investimento ma da ricchezza già precedentemente prodotta.

Quanto all’aumento oneroso, qualora il coniuge eserciti l’opzione, si deve considerare la fattispecie come un vero e proprio investimento, ipotesi del tutto simile al mero acquisto di titoli azionari, e quindi entreranno in comunione legale. In tal senso è concorde anche la giurisprudenza in quanto l’aspetto patrimoniale delle partecipazioni societarie è assolutamente prevalente rispetto ai diritti e agli obblighi connessi con lo status di socio in essi incorporato ed in quanto il carattere personale del diritto di opzione non si riflette automaticamente sull’oggetto acquistato.

 

 

Categorie di azioni.

Ogni categoria di azione è caratterizzata anche dalla previsione di una organizzazione di gruppo articolata in un organo assembleare (assemblea speciale) e da un rappresentate comune a cui sono affidati il compito di salvaguardare i diritti e le prerogative della categoria.

 

1- Azioni privilegiate e postergate (2348)

Il privilegio che tali azioni assicurano consiste nel riconoscimento di una situazione più vantaggiosa rispetto alle azioni ordinarie, quanto ai diritti patrimoniali. I limiti, in cui tali azioni incorrono, consistono nel rispetto del divieto del patto leonino, e del principio della parità di diritti nell’ambito della medesima categoria e della effettività del vantaggio riconosciuto, occorrendo che il privilegio assicurato sia reale e non solo formale.

Il privilegio non può riguardare situazioni passive derivanti dal possesso delle azioni (quali esonero dall’obbligo dei conferimenti) ma l’attribuzione di diritti patrimoniali quali una priorità,  preferenza o maggiorazione nella distribuzione dei dividendi o della quota di liquidazione.

Il privilegio può inoltre non essere rigidamente predeterminato ma deve essere collegato a parametri od indici di vario tipo o consistere in prestazioni economiche poste a carico della società.

Nelle azioni postergate il privilegio consiste in una diversa incidenza delle perdite, così da subire la riduzione per perdite solo dopo che queste abbiano inciso sulle altre azioni. E’ quindi possibile prevedere sia azioni che partecipino alle perdite in modo proporzionalmente diverso alla partecipazione agli utili, sia azioni postergate nelle perdite, che quindi vengono intaccate solo dopo l’annullamento delle azioni ordinarie. E’ tuttavia possibile introdurre forme di tutela per i possessori di azioni ordinarie per mantenere inalterata la propria partecipazione al capitale in caso di riduzione del capitale per perdite (esclusione del diritto opzione nella ricostituzione del capitale).

Si ritiene inoltre possibile la facoltà di conversione di azioni ordinarie in azioni privilegiate, così come previsto espressamente per le azioni di risparmio all’art.145 Tuf: la relativa delibera dell’assemblea straordinaria potrà inoltre essere a maggioranza e non all’unanimità, in analogia sempre con l’art. 145, non essendo assicurata la intangibilità di posizioni soggettive rispetto all’interesse e agli affari sociali. È tuttavia sostenuta autorevolmente anche la tesi della necessità della assemblea totalitaria con la sottoscrizione immediata di tutti i soci. Tale delibera tuttavia non obbliga i singoli soci a convertire ma attribuisce loro solo un diritto alla conversione, analogamente ad un delibera di aumento di capitale. 

 

2- Azioni senza diritto di voto o con voto limitato (2351)

Il diritto di voto, di regola pertinente alla partecipazione azionaria può non solo essere limitato o compresso, ma anche essere escluso del tutto. Tale caratteristica testimonia la circostanza che questo non costituisce un elemento indispensabile ma solo naturale delle azioni.

Questa possibilità permette a tutte le Spa di emettere azioni con caratteristiche del tutte simili alle azioni di risparmio, che ai sensi del TUF (58/98) possono essere emesse solo da società quotate.

E’ inoltre possibile emettere azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti, quindi un voto esercitabile sia solo in determinate assemblee, sia per soli determinati argomenti. Solo con la riforma si è eliminato il vincolo obbligatorio (univoco) tra la limitazione del diritto di voto e l’attribuzione di privilegi patrimoniali.

Quanto ai limiti all’emissione delle suddette azioni, lo stesso art. 2351 stabilisce un preciso limite quantitativo dal momento che il valore di tali azioni non può superare la metà del capitale sociale, e dal divieto di emettere azioni con voto plurimo. Il fondamento di tali limiti si ritrova nell’esigenza  di assicurare che voto nell’assemblea ordinaria e quindi il controllo della società sia garantito ad una significativa parte del capitale sociale e non sia in mano di una ristretta minoranza.

È infine possibile emettere azioni con voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni, condizioni che non devono essere meramente potestative ossia lasciate al libero arbitrio dei soci o della società oppure (comma 3) prevedere un limite massimo all’esercizio del voto o una progressiva limitazione al crescere del numero delle azioni possedute, in modo da attribuire eccezionalmente un rilievo alla posizione soggettiva del socio (generalmente irrilevante).

È quindi possibile che lo statuto preveda la possibilità che nessun soggetto eserciti il voto oltre un certo limite massimo, a prescindere dalla sua partecipazione, restando congelati i relativi diritti per parte in eccesso, oppure un voto cd. a scalare, che decresce al crescere della partecipazione azionaria. Tali accorgimenti impediranno in concreto che un singolo socio possa assumere una posizione eccessivamente forte all’interno della società e quindi poter preservare il controllo della società nelle mani dei soci attuali. Per tali motivo l’applicabilità dell’art. 2351 comma 3 è limitato solo alle Spa chiuse.

 

3- Azioni correlate (art. 2350 comma2)

Il legislatore della riforma ha previsto la possibilità di emettere azioni fornite di particolari diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività in un determinato settore (cd. tracking stocks).

È quindi possibile che determinate azioni attribuiscano dividendi non sulla base dell’andamento complessivo della società risultante dal bilancio, ma siano rapportati agli utili realizzati in uno specifico settore.

Tale operazione può risultare utile per dare visibilità a determinate aree di attività oppure a seguito di incorporazione/acquisizione di una impresa (individuale o collettiva) siano attribuite azioni correlate esclusivamente ai risultati del settore in cui l’impresa ceduta si colloca.

Dal punto di vista degli investitori l’utilità principale consiste nel poter selezionare il proprio investimento.

Il riferimento ad un “settore determinato” rende inoltre possibile il riferimento ad ogni unità interna dotata di una autonoma rendicontazione contabile.

È inoltre possibile che siano stabilite particolari modalità di partecipazione alle perdite, così che risultino postergate rispetto alle azioni ordinarie per le perdite nei settori di attività diversi da quelle in cui sono correlate.

Si devono osservano i limiti di carattere generale esaminati per le azioni privilegiate.

Nella ipotesi di soppressione o cessione del settore cui sono correlate le azioni, lo statuto dovrà indicare le modalità di conversione in azioni di altra categoria.

Netta è la differenza tra la figura in esame e i patrimoni destinati: solo questi ultimi infatti realizzano una vera e propria separazione patrimoniale così che la partecipazione al patrimonio separato sarà del tutto indifferente alle vicende generali della società.

Nella ipotesi invece di azioni correlate viene stabilita solo una separazione contabile, così che saranno rilevanti le eventuali perdite conseguite complessivamente dalla società negli altri settori. Esemplificando quindi il diritto ad ottenere utili per gli azionisti in esame è legato non solo alla circostanza che il settore correlato dia utili, ma anche al fatto che la società non subisca complessivamente perdite dagli altri settori: in quest’ultima ipotesi infatti le perdite incideranno anche sugli utili del settore correlato, che verranno utilizzate per il relativo ripianamento, diminuendone l’ammontare (a differenza invece di ciò che accade nei patrimoni separati).

 

4- Azioni di godimento (art.2353)

La funzione delle azioni di godimento consiste nella possibilità di far continuare a coloro che hanno ricevuto il rimborso del valore nominale delle proprie azioni (e quindi a rigore non sarebbero più soci) a partecipare comunque ad utili futuri o plusvalenze patrimoniali nel rispetto del principio di parità tra i soci. Tale operazione spesso risulta utile a seguito di una riduzione del capitale sociale (si discute se solo in occasione di riduzione volontaria od anche per riduzione per perdite) mediante annullamento di azioni.

Ai sensi infatti dell’art. 2353 i possessori di questo tipo di azioni concorrono nella ripartizione degli utili solo dopo il rimborso di un dividendo pari all’interesse legale sul valore nominale agli azionisti ordinari.

I titolari di azioni di godimento hanno infatti già ottenuto il rimborso pari al valore nominale delle azioni ma dato che il valore reale delle azioni può essere di gran lunga superiore al valore nominale, se niente fosse loro attribuito, perderebbero ogni diritto sulla plusvalenza del patrimonio sociale.

La disciplina del contenuto patrimoniale di queste azioni è da considerarsi inderogabile, mentre è disponibile il contenuto amministrativo.

Generalmente le azioni di godimento non hanno diritto di voto, circostanza che comporta anche l’assenza del diritto di chiedere la convocazione o di impugnare le delibere assembleari; tuttavia è possibile che il diritto di voto venga loro espressamente attribuito.

È discusso se ai titolari di azioni di godimento sia riconosciuto lo status di socio, con tutte le conseguenze che ciò implica (specie in assenza del diritto di voto): la tesi negativa si basa sulla circostanza che, avvenuto il rimborso del valore nominale delle azioni, non vi sarebbe più conferimento e quindi non esisterebbe più un rapporto sociale. Tuttavia parte della dottrina sostiene l’orientamento positivo, dal momento che, una volta effettuato il conferimento iniziale, la partecipazione del socio ha ad oggetto una quota ideale del patrimonio della società e quindi il rapporto sociale non si estinguerebbe del tutto.

Quanto alle operazioni di aumento del capitale e all’eventuale attribuzione di diritti agli azionisti di godimento, si ritiene che in ipotesi di aumento oneroso nulla spetti a questi se si abbraccia la tesi che costoro non sono veri soci; nella ipotesi di aumento gratuito, dal momento che ai sensi dell’art. 2442 comma 2 le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di quelle in circolazione (…), si sostiene che anche gli azionisti di godimento beneficerebbero di suddetta operazione. Si discute tuttavia in tale ipotesi se a costoro spettino vere e proprie azioni ordinarie o siano aumentate in proporzione le azioni di godimento possedute.

 

5-  Azioni riscattabili (2437 sexties)

Caratteristica delle azioni riscattabili consiste nella possibilità, oggi prevista all’art. 2437 sexties,  qualora lo statuto lo preveda, che al venir meno di determinate condizioni soggettive (relative alla persona del socio) la società, i soci o terzi possono acquistare (riscattare) l’intera o parte della partecipazione.

Ciò consente di attribuire rilievo a caratteristiche soggettive, personalizzando la struttura della società, ed il fatto che siano inserite nello statuto permette di attribuire loro efficacia reale.

La condizioni di riscatto devono comunque essere specifiche, oggettive e predeterminate, così da evitare abusi e non lasciare la decisione al mero arbitrio di determinati soggetti.

È espressamente richiamata la disciplina del recesso e nello specifico l’art. 2437 ter per la determinazione del valore delle azioni da riscattare e l’art 2437 quater per il procedimento da seguirsi per la liquidazione delle azioni.

È inoltre necessario il rispetto dei limiti e delle condizioni per l’acquisto di azioni proprie (2357) con l’accortezza che sia l’autorizzazione agli amministratori, sia le condizioni e le modalità siano stabilite nello statuto.

 

6- Azioni di Risparmio (Art. 145 Tuf)

Le azioni di risparmio sono disciplinate dagli art. 145-147 Tuf. e sono caratterizzate per l’assenza del diritto di voto e la presenza di privilegi di diritti patrimoniali, la cui determinazione è rimessa all’ampia autonomia della società emittente. E’ possibile quindi la creazione di numerose categorie di azioni di risparmio, distinte da vari e diversi contenuti patrimoniali.

La possibilità di azioni di risparmio è consentita solo alle azioni quotate (anche se oggi con le azioni privilegiate si ottengono risultati analoghi anche nelle altre Spa) mediante aumento del capitale o conversione di azioni già emesse (anche al solo verificarsi di condizioni obiettive prestabilite); è inoltre possibile l’emissione di tali azioni al portatore (in deroga al principio di necessaria nominatività delle azioni), costituendo un notevole incentivo alla loro circolazione e diffusione. Si ritiene possibile anche l’emissione di tali azioni con sovraprezzo. Tuttavia le azioni di risparmio stesse possono anche escluse per statuto dalla negoziazione nei mercati.

Di tali azioni non si tiene conto ai fini della determinazione dei quorum costitutivi e deliberativi e, come tutte le azioni a voto limitato, è necessario il rispetto del limite quantitativo di cui all’art.2351.

Quanto alla spettanza degli altri diritti di natura amministrativa (d. intervento, convocazione, impugnazione), la risposta a questa domanda è necessariamente legata alla natura giuridica che si attribuisce a questo tipo di azioni: parte della dottrina infatti ha dubitato che tali azioni, nonostante il nomen utilizzato, attribuissero la qualità di socio e non documentino piuttosto un rapporto di credito. È tuttavia preferibile l’opinione di chi ritiene che i diritto di voto sia solo un elemento naturale ma non essenziale del rapporto sociale e quindi l’essenza della status di socio sia in realtà da ritrovare nella partecipazione ai risultati positivi o negativi della attività sociale.

 Non pare quindi vi siano ostacoli nell’ammettere la titolarità del diritto di impugnare le delibere assembleari mentre si ritiene che non spetti il diritto di convocazione o di intervento data la loro stretta connessione con il diritto di voto.

Nella ipotesi di aumento a pagamento, a costoro spetta il diritto di opzione su azioni della medesima categoria; qualora nessuna azione di quella categoria venga emessa, l’opzione spetta (in ordine) sulle azioni di risparmio di altra categoria, azioni privilegiate od infine ordinarie (145 tuf).

Le azioni di risparmio sono una particolare species delle azioni privilegiate e, in quanto tali, soggiacciono ai medesimi limiti e condizioni.

 

7- Azioni a favore dei prestatori di lavoro (2349)

Infine l’art. 2349 prevede la possibilità di assegnare (mediante liberalità una tantum) utili ai prestatori di lavoro, della società stessa o di controllate, mediante l’emissione di azioni da assegnare individualmente ai dipendenti. In sede di aumento gratuito l’art. 2349 si risolve quindi in una deroga all’art. 2442 comma 2 così che il termine “utili” deve essere interpretato restrittivamente così da non comprendere anche riserve o fondi disponibili.

 L’art. 2441 comma 8 prevede la possibilità di un aumento a pagamento destinato ai dipendenti della società, mentre l’art. 2358 comma 3, in deroga al divieto generale, permette la concedibilità di prestiti o garanzie ai dipendenti per favorirne l’acquisto.

Il procedimento delineato dall’art. 2349 (di competenza della assemblea straordinaria) si articola fondamentalmente in due fasi: deliberazione di non distribuire utili ai soci (decisione che spetta altrimenti alla assemblea ordinaria ex 2433), destinandoli a riserva vincolata, e aumento gratuito mediante utilizzo della riserva medesima . L’assegnazione deve essere individuale, con necessaria nominatività delle azioni, e non è configurabile una assegnazione collettiva alla massa dei dipendenti. E’ possibile la previsione di una disciplina specifica di tali azioni, che costituisce una facoltà e non un obbligo, essendo quindi possibile l’assegnazione di azioni ordinarie. La società potrà pertanto in sede di emissione prevedere la creazione di una vera e propria categoria speciale di azioni, regolando la relativa disciplina, limitarsi a stabilire limiti alla circolazione delle azioni (sempre ai sensi dell’art. 2355 bis) oppure emettere ed assegnare semplicemente azioni ordinarie.  

 

 

 

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