Le Condizioni dell’azione.

L’azione

1.      La domanda e il potere di proporla

Legittimazione: art.24 C.: tutti possono agire in giudizio (tranne gli incapaci→rappresentanti legali).

Requisito intrinseco: la domanda deve assolvere alla sua funzione di introduzione al processo: senza oneri di forma o contenuto, possa essere considerata una domanda di tutela di diritti \ interessi legittimi.

2.      Azione e le condizioni in generale.

Perché si possa avere un giudizio di merito (ipotetica accoglibilità: esistenza d. sostanziale e sua tutela): presupposti processuali / condizioni dell’azione.

Azione: serie di poteri facenti capo a colui che ha esercitato il potere di proporre la domanda

Le condizioni dell’azione: possibilità giuridica, interesse ad agire e legittimazione. Questi requisiti devono emergere dalla narrazione dei fatti costitutivi del diritto.

1-      Possibilità giuridica: esistenza di una norma che contempli in astratto il diritto che si vuole far valere.

2-      Interesse ad agire: bisogno di tutela giurisdizionale che emerge dall’affermazione dei fatti costitutivi e dei fatti lesivi del diritto (100). Problema Se l’art.100 introduce o meno un requisito ulteriore: teo. magg.: No. L’interesse riguarda l’ulteriore bene che può ottenersi con la tutela giurid. La lesione o violazione del diritto costituisce  il fondamento dell’interesse. Nella giurisd.costitutiva necessaria l’interesse è in re ipsa (nell’affermazione).

3-      Legittimazione ad agire: necessità che il diritto affermato nella domanda sia affermato come diritto di colui che propone la domanda e contro colui nei cui confronti si propone la domanda: coincidenza soggettiva attiva e passiva perché in caso contrario l’ipotetico diritto cmq non apparterrebbe a colui che agisce. Ciò deriva dalla disponibilità dei propri diritti che implica anche la disponibilità esclusiva della propria tutela (prima la legitt. processuale era ricondotta nella titolarietà del diritto sostanziale): art.81: salvo le ipotesi di legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui. Esiste tuttavia la possibilità  di una legittimazione straordinaria o sostituzione processuale (art.81)

Ipotesi in cui la titolarietà del diritto non è definita: possibilità di legittimazione di gruppi: gli interessi diffusi (vedi inoltre l’introduzione anche nel nostro ordinamento della cd. Class action)

Interessi diffusi: differiscono dagli interessi collettivi per la mancanza di una struttura organizzativa.

La Legittimazione non è di tutti ma solo di alcuni soggetti “adeguati portatori” degli interessi collettivi. Tipico esempio è il danno ambientale: legittimato è solo lo Stato e gli enti territoriali mentre le associazioni ambientaliste, dotate di determinati requisiti, possono solo denunciare e quindi sollecitare la relativa azione. Altro campo di rilievo è la tutela dei consumatori con l’introduzione anche nel nostro ordinamento, per la prima volta, della cd. class action. Nel Codice di Consumo è poi disciplinata una azione inibitoria, preventiva e suppletiva rispetto alla singola azione del consumatore.

3.      Azione come diritto ad un provvedimento sul merito. Autonomia e Astrattezza.

Il diritto processuale alla azione e quindi alla tutela giurisdizione, che nasce con la proposizione di una domanda che abbia i 3 requisiti sopra esaminati, è un diritto autonomo e distinto rispetto al sottostante diritto sostanziale. Disciplina infatti comportamenti diversi ed autonomi rispetto il d.sostanziale: non ha infatti ad oggetto una prestazione del soggetto passivo ma richiede l’attivazione di un soggetto terzo, il giudice, in capo a cui nasce l’obbligo di provvedere. L’azione è infatti il diritto verso il giudice ad un provvedimento sul merito.

Nel diritto romano l’actio connotava il fenomeno giuridico in tutti i suoi aspetti (sostanziali e processuali) e lo stesso Chiovenda cercò di dimostrare l’autonomia dell’azione dal diritto sostanziale nella riconduzione ad una matrice comune di un’unica volontà concreta della legge (cd. Astrazione processuale).

 Altri Autori, pur considerando l’azione come un diritto autonomo, ritenevano comunque che quest’ultima presupponeva l’esistenza del relativo diritto sostanziale dal momento che non avrebbe avuto senso chiedere tutela per un diritto che non esistesse: negavano quindi l’astrattezza dell’azione, considerandola in senso concreto e come diritto ad un provvedimento favorevole. Contro questo orientamento vi erano coloro che invece consideravano l’azione in senso astratto, che prescinde o  astrae dal’esistenza del diritto sostanziale perché di tale esistenza non si può avere certezza se non alla fine del processo, e quindi come diritto ad un provvedimento sul merito.

Le condizioni dell’azione, e l’esistenza del diritto sostanziale, vanno quindi riscontrate in chiave di affermazione al momento della domanda ma solo alla fine del processo si potrà sapere se in realtà sussistono veramente o non. L’azione è quindi un diritto parzialmente astratto perché l’esistenza dell’azione è subordinata al fatto che il diritto sostanziale sia affermato nella domanda.

4.      Le azioni di cognizione.

Se l’azione è il diritto alla tutela giurisdizionale, esisteranno tanti tipi di azioni quanti i tipi di attività giurisdizionale: ciascun tipo di azione introdurrà un particolare tipo di processo. Dall’individuazione del tipo di azione concretamente esercitata dipende l’individuazione del tipo di processo che è stato introdotto con il suo esercizio e per stabilire se una sentenza sia di accertamento o di condanna e se quindi possa fondare o meno l’esecuzione.

Azione di cognizione:

a)      Mero accertamento: qui l’interesse ad  agire si atteggia in modo particolare in quanto consiste non nella affermazione di una violazione ma in una contestazione circa la sua spettanza, che deve assumere un sufficiente grado di consistenza e serietà. La Cass. suole evidenziare il riferimento dell’interesse alla oggettività della contestazione e alla potenzialità del suo pregiudizio.

b)      Azione di Condanna: la cognizione si chiama condanna quando si svolge in funzione e preparazione dell’esecuzione forzata. Si chiede pertanto oltre all’accertamento del diritto una sentenza di condanna che sia il titolo esecutivo per l’esecuzione.

Condanne Speciali:

 - Condanna generica ex 278 che prevede la possibilità di scindere la pronuncia sull’an da quella sul quantum (ciò è possibile quando si delinei la certezza sull’an e non sul quantum) (cd. sentenza non definitiva). Si ammette inoltre anche un domanda solo sull’an lasciando il quantum ad altro ed eventuale giudizio: in tal caso si avrà una sentenza di condanna che non potrà fondare l’esecuzione forzata (è tuttavia una condanna per altri effetti quali per iscrivere ipoteca ex 2818). Discusso è inoltre se per la condanna generica sia sufficiente un danno potenziale (così Cass.) oppure occorra l’accertamento di un minimo di danno effettivo.

- Condanna condizionale: la sentenza potrà essere di condanna solo dopo l’avveramento della condizione.

- Condanna in futuro: condanna attuale ad una prestazione soggetta ad un termine ed eseguibile solo dopo il suo decorso: sono possibili solo come azioni di accertamento perché prima del decorso del termine non può esserci violazione. Vi sono tuttavia eccezioni in cui la legge prevede delle vere e proprie condanne in futuro: Convalida di sfratto per finita locazione prima della scadenza ex 657, le condanne a prestazioni alimentari o mantenimento.

- Azioni di accertamento con prevalente funzione esecutiva: cognizione sommaria per esigenze celerità (ingiunzione ex 633, pagamento di somme non contestate ex 423, ordinanza ex 186 bis).

        c)    Azione Costitutiva: Nella giurisdizione costitutiva non necessaria l’interesse ad agire è determinato dalla violazione mentre in quella necessaria è in re ipsa, ossia nello stesso fatto costitutivo del diritto alla modificazione giuridica. Questa azione tende in primo luogo all’accertamento del diritto che si fa valere, essendo anch’essa un’azione di cognizione.

Il diritto che si vuol far valere è il diritto ad una modificazione giuridica, dove pertanto l’accertamento del diritto è solo premessa logica e giuridica per quell’ulteriore attività tutelatrice che, nelle azioni di condanna, è l’esecuzione forzata.

Ma le azioni costitutive differiscono dalle azioni di condanna in quanto mentre in quest’ultime il giudice non può che rinviare l’attuazione del diritto ad un’attività ulteriore dell’organo esecutivo, nella sentenza costitutiva l’attuazione del diritto può compiersi subito e direttamente da parte del giudice, per cui è il giudice stesso che ha provveduto all’accertamento a compiere quella modificazione giuridica richiesta.

d)      Azione Preventiva: non è un tipo di azione diverso rispetto ai tre tipi di azioni sopra esaminati ma, con questa espressione, si vuole solo sottolineare il fenomeno per cui la tutela giurisdizionale può assolvere alla funzione di prevenire e non di reprimere la violazione. Pertanto si preferisce parlare di tutela preventiva piuttosto che di un’azione autonoma. Tale tutela si esplica principalmente (ma non solo) con la cd. inibitoria. Il generico disvalore dell’illecito è sempre imperniato sull’ingiustizia del danno (2043) ma ciò non osta a che sia possibile sempre più allargare l’ambito di determinate situazioni di pericolo, costituenti oggetto di specifiche azioni preventive (es. tutela dei consumatori).

Si ritiene inoltre che l’inibitoria cautelare ex art. 700 vada tenuta distinta dalla azione preventiva. L’opinione prevalente nega comunque l’ammissibilità generale della tutela inibitoria e precisa che questa sia possibile nelle sole ipotesi tipiche in cui è prevista.

 

5.      L’azione esecutiva e l’azione cautelare.

 

Si deve preliminarmente evidenziare che la nozione di azione, elaborata nell’ambito del processo di cognizione, ossia come “diritto ad un provvedimento sul merito”, non può essere utilizzata relativamente all’azione che introduce diversi tipi di procedimenti.

L’azione tuttavia può sempre qualificarsi come “diritto alla tutela giurisdizionale”.

Nel processo esecutivo le condizioni dell’azioni sono espresse e rappresentate tutte nel cd. titolo esecutivo, che è punto di arrivo del processo di cognizione e punto di partenza per quello di esecuzione, sulla base del quale l’organo esecutivo può tranquillamente operare senza preoccuparsi di problemi di cognizione.

Anche l’azione esecutiva è diritto autonomo ed astratto dal diritto sostanziale; diritto accertato nel titolo non significa necessariamente diritto esistente in quanto talvolta la legge attribuisce efficacia esecutiva ad accertamenti non definitivi, e dall’altra, la realtà giuridica può mutare a seconda di eventi successivi all’accertamento. Tali eventi non tolgono efficacia al titolo se non a seguito di altra azione di cognizione (opposizione all’esecuzione) – cd. efficacia incondizionata del titolo.

L’azione cautelare è infine caratterizzata da una funzione strumentale alla attività di cognizione ed esecuzione, ma di cui conserva alcuni elementi funzionali e strutturali.

Requisiti sono: 1) il periculum in mora, ossia il pericolo al quale il ritardo può esporre il diritto;

                        2) il fumus boni iuris, ossia la verosimiglianza dell’esistenza del diritto.

Esiste poi una seconda fase del procedimento cautelare che consiste nell’esecuzione della misura cautelare concessa, che si effettua con  forme analoghe alla esecuzione forzarta.

 

Quanto infine alla volontaria giurisdizione, non esiste in questa una vera e propria azione poiché con essa non si fanno valere diritti ma si propongono, per lo più,  istanze per la cura di incapaci.

 

(Riassunto tratto dal Mandrioli) 

[ HOME ]