L’Azienda.

 

L’azienda (art. 2555) è il complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa, mentre l’impresa è l’attività esercitata dall’imprenditore (proiezione patrimoniale dell’impresa), la cui definizione è rintracciabile nell’art. 2082 c.c.

 

1-      Natura Giuridica

 

Si discute sulla sua natura giuridica dell’azienda. Si nega infatti che l’azienda stessa sia un soggetto di diritto o un patrimonio autonomo o separato rispetto l’imprenditore.

A tal proposito, si distingue una teoria unitaria e una teoria atomistica:

- Teoria atomistica: per cui si prendono in considerazione solo i  singoli beni aziendali e si nega che al titolare spetti una titolarità sul complesso degli stessi in quanto tale. Qualora quindi sia presa in considerazione l’azienda come bene unitario, questo non sarebbe altro che un criterio per rendere determinabile per relationem l’oggetto del negozio, che è sempre composto dalla somma dei singoli beni;

- Teoria unitaria (prevalente in giurisprudenza): secondo cui l’azienda è una “universitas”. Più precisamente si distingue un primo orientamento (che sembra prevalente) secondo il quale l’azienda è una universalità di fatto, che comprende quindi tutti i beni (e non diritti) materiali ed immateriali che la compongono. Un diverso orientamento invece considera l’azienda come una universalità di diritto, comprensiva non solo dei beni ma anche di tutti i diritti ad essa inerenti.

La concezione di azienda come universitas si basa sulla destinazione unitaria dei beni che la compongono.

La differenza pertanto tra universalità di fatto e di diritto consiste nella circostanza che, secondo la seconda tesi, sarebbero compresi nel concetto di azienda non solo i  beni materiali o immateriali, ma anche tutti i rapporti giuridici, quali i servizi, i contratti, i debiti ed i crediti ad essa relativi.

Si ritiene infine che l’azienda, in quanto tale, sia un bene mobile registrato (anche quando al suo interno vi siano immobili).

 

L’avviamento è considerato una qualità dell’azienda stessa, consistente nell’attitudine a creare nuova ricchezza, e esprime quindi la potenzialità economica dell’azienda stessa. Un diverso orientamento (forse minoritario) configura l’avviamento come un bene immateriale.

Si discute inoltre se lo stesso sia o meno un elemento essenziale e, di conseguenza, se possa  esistere una azienda senza avviamento (come potrebbe configurarsi per una azienda inattiva).

 

E’ discusso inoltre se l’azienda, considerata nella sua unitarietà, possa essere oggetto di usucapione, usucapione che deve essere tenuta distinta dall’acquisto dei singoli beni.

L’orientamento che ne ammette la possibilità, prescrive l’applicabilità dell’art. 1160 in tema di usucapione di universalità di mobili.

Medesimo problema interpretativo riguarda il sequestro e il pegno di azienda: secondo parte della dottrina (allo stato maggioritaria) la considerazione unitaria dell’azienda, come universalità di mobili, non esonera il creditore dal rispetto delle forme del pegno e del sequestro in considerazione alla natura del singolo bene.

Secondo altro orientamento al contrario non occorre l’individuazione specifica di tutti i singoli beni aziendali  ma è sufficiente l’indicazione della attività e dei locali in cui l’attività è esercitata, e quindi la determinabilità dell’azienda nel suo insieme.

 

 

 

 

2-      Cessione dell’azienda (2256)

 

La cessione di azienda ha carattere unitario per cui, pur in assenza di una specificazione dei singoli beni, viene trasferito l’intero complesso aziendale. Tuttavia qualora siano presenti beni immobili, bisognerà necessariamente identificarli e descriverli analiticamente in atto, essendo prescritta la forma scritta ab sustantiam ed ai fini della pubblicità immobiliare; sarà quindi altresì necessario inserire le relative menzioni urbanistiche. Appare comunque opportuno inserire sempre nell’atto di cessione un inventario contenete l’esatta indicazione di tutti i beni, così che le parti siano precisamente consapevoli di ciò che stanno vendendo ed acquistando.

Si ha trasferimento di azienda anche quando vengano esclusi dal trasferimento alcuni beni, purchè  questi siano non  essenziali ai fini della prosecuzione della attività (che deve essere valutata secondo criteri oggettivi).

Se l’attività esercitata è soggetta a licenza, questa potrà in concreto essere svolta dal cessionario solo dopo l’ottenimento delle prescritte autorizzazioni; a tal fine appare opportuno inserire in atto un cd. accordo di voltura tra le parti, in cui il cedente fin da subito presta ogni più ampio consenso alle volture delle autorizzazioni e licenze richieste dalla legge.

Il trasferimento non comporta successione nell’impresa (viene infatti ceduta l’azienda, non l’attività). Per questo motivo esiste un obbligo legale di non concorrenza del cedente per cinque anni.

E’ inoltre possibile che le parti perfezionino solamente una vendita di ramo d’azienda, purché all’interno dell’azienda stessa possano essere riscontrati diversi rami d’attività con una propria esistenza autonoma.

Anche in questa ipotesi dovranno essere rispettate le formalità redazionali prescritte per singoli beni oggetto della cessione (marchi,brevetti o immobili).

I trasferimenti di qualsiasi azienda (sia impresa commerciale che agricola) deve essere infine iscritta nel RI e la pubblicità ha natura dichiarativa (ossia produce opponibilità).

 

Quanto al divieto di non concorrenza, il divieto si riferisce all’inizio di nuove attività aventi il medesimo oggetto, e non opera con riferimento ad attività  preesistenti o diverse.

Il divieto opera altresì nei confronti dell’erede alienante quando l’azienda sia stata legata a terzi.

La norma è stata interpretata estensivamente dalla dottrina e giurisprudenza per cui, rientrano nel divieto anche le alienazioni di partecipazioni sociali che comportino di fatto l’alienazione anche solo di parte dell’azienda (l’articolo in esame è stato infatti ritenuto applicabile alla cessione di quote di partecipazione in Snc). Il divieto è infine derogabile e pertanto può essere escluso o ne può essere aumentato l’ambito di applicazione.

 

3-      Sorte dei contratti, crediti e debiti aziendali

 

Nell’atto di cessione di azienda (inter vivos o mortis causa) sarà sempre opportuno specificare quale sia la sorte dei contratti in corso, dei crediti e dei debiti aziendali onde evitare ogni incertezza al riguardo. Solo qualora nulla sia detto dalle parti nel contratto, soccorre la disciplina legale per cui:

 

Per quanto riguarda i Contratti in corso stipulati con l’azienda, questi vengono trasferiti ex lege all’atto di cessione, salvo che siano caratterizzati dal cd.  intuitus personae (in questo caso spetterà alle parti il diritto di recesso) o salvo deroga espressa. Per quanto riguarda quindi i contratti aziendali si verificherà sempre una successione ex lege, salvo patto contrario. Tra i contratti aziendali che passano in capo all’acquirente, devono essere ricompresi i contratti di lavoro in corso, i quali continueranno senza soluzione di continuità anche ai fini dell’anzianità maturata e del TFR.

 

Per quanto riguarda i Crediti, in assenza di una disciplina pattizia nel contratto, la giurisprudenza parte autorevole della dottrina ritiene che questi passino ipso iure e automaticamente. Un diverso orientamento ritiene che sia necessario uno specifico accordo in tal senso, ma concordano con la circostanza che, per effetto naturale della cessione, i crediti relativi a beni funzionali e attività essenziali del’impresa si trasferiscano automaticamente con la cessione.

 

Infine più delicata è la questione relativa ai Debiti aziendali.

La norma infatti (art. 2560) si preoccupa infatti di disciplinare i soli rapporti esterni (ossia nei confronti dei terzi) per effetto della quale anche i debiti all’esterno passano al cessionario, senza nulla specificare quanto ai rapporti interni (tra cedente e cessionario).

Si discute quindi se internamente i debiti passino automaticamente, così come avviene per i crediti, oppure sia necessario uno specifico accollo del cessionario.

La Giurisprudenza si è spesso schierata per il passaggio automatico sia dei debiti che dei crediti, sulla base del dato letterale del primo comma del 2560 che farebbe propendere per un trasferimento automatico, in quanto presuppone esistere un nuovo debitore.

Tuttavia autorevole dottrina ha interpretato il secondo comma dello stesso articolo in senso contrario, dal momento che sembrerebbe prevedere un accollo ex lege per i debiti risultanti dalle scritture contabili, facendo così sorgere il dubbio sulla sorte dei debiti non risultanti dalla scritture contabili che, argomentando a contrario, dovrebbero rimanere al cedente nei rapporti interni.

Se le parti possono liberamente regolare la sorte dei debiti nei rapporti interni (prevedendo o meno un accollo del cessionario), la norma non è derogabile nei rapporti esterni.

 

Si ricorda infine che qualora l’azienda abbia più di 15 dipendenti, sarà obbligatoria la menzione in atto ai sensi della legge speciale.

 

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